Per tutelarli è necessario l’intervento di un gruppo internazionale di esperti sulla biodiversità
Secondo uno studio teorico pubblicato questa settimana da Nature (Vol. 442, numero 7100, pp. 265-269; 259-264; N&V) gli ecosistemi devono la loro sopravvivenza all’azione dei superpredatori. Sebbene le catene alimentari si basino sull’esistenza di piante e i microrganismi, i legami complessi tra i vari livelli sono tenuti assieme dai carnivori superiori che sono anche le specie più minacciate dall’uomo. Di conseguenza un commento pubblicato nello stesso numero della rivista chiede a gran voce la creazione di un panel internazionale di esperti di biodiversità.
Neil Rooney e i suoi colleghi della University of Guelph, in Canada, hanno analizzato i dati provenienti da una serie di ecosistemi acquatici e terrestri di tutto il mondo, come la Chesapeake Bay nella costa Est degli Stati Uniti, la tundra dell’Alaska, la foresta di pini in Europa e anche una fattoria sperimentale olandese. Gli esperti hanno concluso che le catene alimentari sono formate da diversi “canali” nei quali l’energia viene trasmessa lungo la catena ai diversi livelli. Questi livelli sono tenuti assieme dall’attività dei superpredatori in grado di alimentarsi da una serie di fonti molto diverse.
Le catene alimentari ecologiche hanno caratteristiche diverse da quelle di altre reti complesse. Lo dicono Jose Montoya della School of Biological and Chemical Sciences della Queen Mary University di Londra e i suoi colleghi in un altro articolo di rassegna comparso su Nature. Questa notevole complessità sottolinea che la conservazione della biodiversità può diventare cruciale se la si mette in relazione con i cambiamenti climatici, sostengono Michel Loreau, Alfreed Oteng-Yeboah e altri coautori in un commento alla ricerca. Anche in questo articolo viene richiesta l’istituzione di un gruppo internazionale di esperti che affronti il problema, paragonabile all’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) che si occupa dei cambiamenti climatici.
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