Ricercatore americano scopre che in alcuni casi anche le scariche di laboratorio emettono raggi X.
Buone notizie per gli scienziati che cercano di riprodurre in laboratorio i fulmini. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista "Geophysical Research Letters" da Joseph Dwyer del Florida Institute of Technology, bastano scintille anche piccole per ricreare molti fenomeni fisici legati in natura alle possenti scariche elettriche.
Dwyer ha dimostrato che esistono dunque molte somiglianze tra i due fenomeni, quello naturale e quello in laboratorio. Nel corso del primo, la scarica elettrica ionizza gli atomi atmosferici e accelera gli elettroni a velocità simili a quelle della luce, causando l'emissione di raggi gamma e di raggi X. In laboratorio, gli elettroni non vengono accelerati a queste velocità, cosa che in teoria non dovrebbe portare all'emissione di raggi X.
Invece il ricercatore americano lavorando su scariche emesse nei laboratori della Lightning Technologies di Pittsfield è riuscito a individuare i raggi X emessi dai fulmini di laboratorio. "I fulmini - spiega Dwyer - sono ancora un mistero. Non si propagano in una unica fase dall'atmosfera al suolo, ma con una serie di "saltelli". E in ogni salto viene prodotta una scarica di raggi X. Capire come si producono queste radiazioni ci aiuterà anche a capire come si propagano i fulmini".
C'è però un problema. Non tutte le sorgenti di laboratorio usate per produrre scariche elettriche producono anche raggi X. Usando un apposito sensore, Dwyer ha cercato di individuare i raggi X prodotti nel Boston Science Museum da un generatore di Van der Graaf che crea falsi fulmini per divertire i visitatori e non è riuscito a individuarli. Nel suo esperimento invece aveva usato una serie di condensatori di circa 100 000 volt l'uno che si scaricavano tra due sfere di metallo a circa dieci centimetri l'una dall'altro.
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