Il piano nazionale è ancora in embrione e non sembra essere adeguato a centrare gli obiettivi fissati dal Protocollo.
Dopo circa 8 anni, il Protocollo di Kyoto è entrato in vigore il 16 febbraio di quest'anno. Per l'Italia, però i problemi iniziano adesso. Secondo il trattato, il nostro paese deve ridurre le emissioni di circa il 6,5% rispetto al 1990. Nel frattempo, però, le nostre emissioni sono cresciute di un altro 6% circa. Quindi la riduzione si attesta attorno al 12,5% oltre i limiti stabiliti dal Protocollo.
"Le stime — spiega Gianni Silvestrin, direttore scientifico del Kyoto Club Italia — parlano di una forbice che oscilla tra i 100 e i 130 milioni di tonnellate da qui al 2012". Per raggiungere questi obiettivi, il governo intende muoversi in più direzioni. Proprio lo scorso gennaio, è partito per esempio il mercato dell'efficienza energetica. "Si prevedono risparmi da qui al 2008 per 2,9 milioni l'anno di tonnellate di petrolio — spiega Silvestrin — che si traducono in una riduzione di circa 8 milioni di tonnellate l'anno di anidride carbonica che entro il 2012 potrebbe salire a 12-15 milioni, cioè un buon 10-15% di quanto previsto dal Protocollo".
Per il resto il governo pensa a interventi di riforestazione, al miglioramento nell'efficienza dei trasporti, alla promozione delle rinnovabili, a interventi sulla produzione di energia, alla sostituzione delle auto circolanti con auto a bassi consumi ed emissioni, lo sviluppo dell'idrogeno e l'utilizzo del biodiesel nel gasolio. Secondo il ministro dell'Economia Domenico Siniscalco la bolletta di Kyoto non sarà troppo cara per l'Italia. Le stime del dicastero di via XX settembre indicano che saranno necessari dai 2 miliardi e mezzo ai 3 miliardi di euro di investimenti da qui al 2012 per far sí che il nostro paese rispetti gli impegni presi.
Se queste sono le intenzioni, i segnali però sono contrastanti. Partiamo dalle energie rinnovabili: l'Europa prevede un raddoppio della produzione di energia verde entro il 2010, ma l'obiettivo fissato dal governo è circa la metà di quello europeo. Il settore dei trasporti ha poi aumentato le emissioni del 25% dal 1990 a oggi. Inoltre si fa gran affidamento sui meccanismi flessibili. Si tratta di strumenti che consentono di ridurre le emissioni, attraverso progetti messi in atto nei paesi in via di sviluppo, ottenendo degli appositi crediti. Il meccanismo di applicazione però sembra più complicato del previsto.
Insomma la strada è difficile, anche perché alcuni tra i grandi gruppi privati sembrano seguire una politica pro Kyoto. Non convince gli ambientalisti ad esempio la scelta di ENEL di puntare decisamente sul carbone, un combustibile più inquinante degli altri. Il WWF ad esempio sottolinea che il piano nazionale sui gas serra non riduce le emissioni di questi gas, ma si limita a compensarle.
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