Un rapporto delle Nazioni Unite svela che dove gli ecosistemi non erano stati degradati dall'uomo i danni sono stati minori.
Ecosistemi distrutti, falde acquifere inquinate e vita animale danneggiata. È questo il primo bilancio ambientale dei danni causati dallo tsunami che si è abbattuto il Natale scorso sulle coste dei paesi che si affacciano sull'Oceano Indiano. Secondo però un rapporto del Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), i danni sono stati più contenuti in quelle zone rimaste allo stato naturale e le cui coste erano protette dalle mangrovie e dalle barriere coralline.
"Il rapporto indica che l'ambiente ha giocato un ruolo nel ridurre l'impatto del maremoto, in particolare laddove era stato conservato il più possibile. Adesso abbiamo un motivo in più per cercare di proteggere questi ecosistemi", ha detto il direttore generale dell'UNEP Klaus Toepfer.
Secondo il rapporto, dal punto di vista ambientale gli ambienti più danneggiati sono quelli di acqua dolce. In tutte le isole colpite dal maremoto, e in particolare nello Sri Lanka, le fonti di acqua dolce risultano gravemente contaminate dall'acqua di mare, dall'inquinamento, dalla decomposizione dei cadaveri di esseri umani e di animali.
Un altro problema per le fonti d'acqua arriva dall'accumulo di materiale potenzialmente tossico proveniente dagli edifici distrutti, in particolare l'amianto, i metalli pesanti o quelli radioattivi. In Somalia, ad esempio, l'onda ha devastato depositi di materiali radioattivi e pericolosi ammassati durante la guerra civile senza fine del paese. Altri danni molto gravi sono quelli che riguardano le barriere coralline, i sistemi costieri già fragili per conto loro, le foreste e le zone agricole.
Un po' più positiva la situazione della fauna. A parte le tartarughe marine dello Sri Lanka, in pericolo perché molti siti di nidificazione sono andati distrutti, e perché la popolazione affamata ha iniziato a cibarsi di questi rettili a rischio di estinzione, le altre specie sembrano cavarsela meglio. Ed è stata scoperta una nuova zona di nidificazione per le tartarughe in una spiaggia della Malesia. "Il maremoto è una opportunità per non rifare gli stessi errori del passato — dice l'UNEP — Dobbiamo imparare a ricostruire senza distruggere gli ecosistemi naturali delle coste".
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