Per la prima volta, è stato possibile ricostruire la vita e la morte di una mummia senza danneggiarla.
Un gruppo di scienziati di Stanford (California) ha scoperto i segreti della misteriosa mummia egizia Sherit senza dover ricorrere a tecniche invasive che avrebbero potuto danneggiarla. I ricercatori hanno infatti utilizzato uno scanner sofisticato che ha elaborato più di 60 000 immagini dell'interno della mummia e ne ha creato una rappresentazione tridimensionale.
Dall'autopsia virtuale i ricercatori hanno ricavato numerose informazioni su Sherit: ora si sa che visse circa 2000 anni fa a Luxor e morì (probabilmente di dissenteria) all'età di 4 o 5 anni. Una cosa nella norma, dunque, visto che la mortalità fra i bambini dai 3 ai 5 anni in Egitto era molto alta, e solo il 50 per cento superava i 6 anni. La precisione dei nuovi metodi di ricerca è tale che gli studiosi sono stati in grado di affermare che la bambina era stata allattata fino a poco prima della morte, e che la persona incaricata di imbalsamarla era destra.
La parola ora passa agli archeologi, che dovranno chiarire il significato dei geroglifici trovati sulla mummia: sapremo così il vero nome della bambina, e forse anche il mestiere del padre. Probabilmente era benestante, vista l'alta qualità del metodo di mummificazione. Secondo Eric Herbranson, un dentista che ha lavorato con i ricercatori di Stanford, "la bambina doveva avere un bel sorriso, ma oggi avrebbe portato un apparecchio ortodontico".
Non è certo la prima volta che gli egittologi si addentrano nei misteri di una mummia, ma nessuno aveva mai ottenuto tante informazioni, e di così alta qualità, senza aprirla fisicamente. Le tecnica usata è molto promettente non solo per le ricerche archeologiche, ma anche per usi medici e per la soluzione di crimini. Come nota Bob Bishop, presidente della Silicon Graphics, che ha fornito gli strumenti informatici, "le stesse tecniche che ci hanno permesso di guardare indietro ci permetteranno di guardare avanti." La mummia e tutte le immagini computerizzate sono disponiblili al museo Rosicrucian di San José, in California.
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