Una suggestiva ipotesi sulla fine della mitica isola, supportata da alcuni dati geologici.
"Ci fu un terribile terremoto e poi subito un alluvione e l'isola di Atlantide finì inghiottita dal mare": così Platone descrive nel Timeo la fine dell'isola di Atlantide. Da queste parole molti hanno dedotto che la grande isola fu distrutta da uno tsunami. Nel 2001 alcuni geologi ipotizzarono che l'isola potesse trovarsi in corrispondenza di Spartel, un promontorio sottomarino vicino allo Stretto di Gibilterra. L'ipotesi indicava però che il promontorio e buona parte della costa africana ed europea circostante furono sommerse da un lento movimento di acqua, fatto non compatibile con quanto illustrato da Platone e che, secondo altri, sarebbe accaduto circa 12 000 anni fa.
"Platone — spiega il geologo Marc-André Gutscher dell'Università della Bretagna Occidentale di Plouzané — parla espressamente di un evento catastrofico che durò solo un giorno e quindi di uno tsunami". Gutscher ha poi trovato nei sedimenti marini della zona le tracce di violenti terremoti e di alluvioni che colpiscono l'intera area ogni circa 2000 anni. Inoltre Platone parla di coste fangose intorno alla città di Atlantide che impedivano l'attracco delle navi: Gutscher ha trovato anche dei depositi sedimentari di spessore variabile che si sarebbero formati circa 12 000 anni fa a seguito di uno tsunami.
Il geologo, però, non ha trovato nulla che possa indicare la presenza di strutture edificate dall'uomo su Spartel. Inoltre le mappe sottomarine elaborate mostrano che l'estensione complessiva di Spartel sia minore di quanto supposto finora. In passato, però, l'isola avrebbe potuto avere dimensioni differenti e la forma attuale probabilmente è il risultato dei numerosi terremoti avvenuti nel corso dei secoli. "Io — ha spiegato Gutscher — non ho dimostrato che Atlantide esiste e che questo è il posto dove sorgeva, ho solo messo in evidenza i legami che ci sono tra Spartel e il mito".
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