Una nuova ipotesi per spiegare l'eccessiva presenza del gas nel terreno del nostro satellite.
Il terreno lunare sembra essere impregnato di materiale proveniente dall'atmosfera terrestre e fuggito in epoche remote. Lo afferma su "Nature" un gruppo di ricercatori guidati da Minoru Ozima, dell'Università di Tokyo, e da Bernard Marty del Centro di Ricerche Petrografiche e Geochimiche di Nancy, in Francia.
Secondo i ricercatori, l'apparente eccesso di azoto rilevato nel suolo del nostro satellite naturale può essere spiegato soltanto con una "fuga" di questo gas dall'atmosfera terrestre e la sua cattura da parte della gravità lunare. L'intero processo sarebbe avvenuto in tempi remoti, quando Terra e Luna si erano appena formate e il nostro pianeta non aveva ancora acquisito il suo potente campo magnetico.
La presenza di azoto sulla superficie della Luna è sempre stato un bizzarro mistero per gli scienziati. Secondo i ricercatori, la sua presenza si spiega ricorrendo al meccanismo che vede la formazione di ioni di azoto nell'atmosfera esterna della Terra. Gli ioni si sarebbero formati attraverso la frattura di molecole di questo gas nelle zone più basse dell'atmosfera. Per poter spiegare la fuga delle particelle cariche verso la Luna, occorreva però ipotizzare che il campo magnetico terrestre fosse in quel momento troppo piccolo o addirittura assente, in modo tale da non interferire con gli ioni stessi. D'altro canto, la quantità di azoto capace di sfuggire alla Terra e di approdare sulla Luna sarebbe stata molto più piccola di quella rilevata. Minoru Ozima e Bernard Marty ipotizzano anche che l'idrogeno presente sulla Luna abbia una sorta di "memoria" dell'accaduto, grazie a concentrazioni più abbondanti di questo gas in alcune ere piuttosto che in altre. Soltanto studi successivi potranno confermare o meno questa suggestiva ipotesi.
Lo denuncia Greenpeace. Il problema più allarmante è nella regione del Mato Grosso, dove però si stanno riducendo sempre più le aree protette dallo stato.
L'asteroide principale intorno al quale ruotano si chiama 87 Sylvia, dalla mitologica Rea Silvia: da qui il nome dei due piccoli asteroidi appena scoperti.
Non dimentichiamoci delle turbolenze! Secondo gli scienziati sono proprio queste a determinare la formazione delle gocce di pioggia.
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Una nuova tecnica permette di sequenziare il Dna di un intero organismo con una spesa di soli 700 dollari.
Nel 2002, il ghiacciaio antartico ha perso un pezzo grande come la Valle d'Aosta. Secondo gli scienziati, sarebbe il più grande distacco mai avvenuto dall'Olocene a oggi.
Una suggestiva ipotesi sulla fine della mitica isola, supportata da alcuni dati geologici.
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