Altro che onde radio, il modo migliore per comunicare con una civiltà spaziale è inviare veri e propri messaggi scritti, magari impacchettando materiale organico in una meteora.
Per trovare gli extraterrestri l'analisi delle onde radio non basta. Meglio andare a cercare "i messaggi in bottiglia", cioè dei veri e propri messaggi scritti che ci potrebbero aver mandato. A sostenere questa teoria, che ribalta un po' quella tradizionale portata avanti dal programma SETI (la ricerca di forme di vita attraverso l'ascolto dei segnali radio che arrivano dal cosmo) è Christopher Rose, professore di ingegneria elettronica alla Rutgers University in America. Secondo Rose, scrivere informazioni su un qualsiasi tipo di supporto e mandarle fisicamente in un qualunque punto dello spazio è più efficiente dal punto di vista energetico che inviare segnali radio, che tendono a disperdersi man mano che si diffondono nel cosmo, diventando poco comprensibili.
I segnali radio poi hanno un altro problema: quando arrivano a destinazione non è detto che ci sia qualcuno ad ascoltare. Magari la civiltà alla quale erano destinati si è estinta o non ha le capacità tecniche per individuarli. Per aumentare le chance di successo, quindi, chi manda le onde radio dovrebbe ripeterle più e più volte. Un messaggio fisico invece una volta atterrato rimane lì dov'è in attesa che qualcuno lo scopra e lo capisca.
In un articolo pubblicato sulla rivista Nature, Rose sottolinea come dunque sia meglio mandare un messaggio scritto vero e proprio, una sorta di bottiglia da affidare all'oceano dello spazio. E suggerisce anche il mezzo: meteoriti con all'interno impacchettato materiale organico. "Questi messaggi potrebbero essere già tra noi: sulla Terra o sulla Luna o tra le meteoriti cadute sui satelliti di Giove", dice Rose. L'idea sembra difficile da accettare, ma "tutto dipende da quello che pensiamo del tempo", aggiunge. "Se non abbiamo fretta, il modo migliore di comunicare è scrivere un messaggio e mandarlo così ".
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