La sonda britannica è stata accelerata nella sua corsa verso la superficie marziana da un'area di bassa pressione. Alla fine si è schiantata rovinosamente al suolo.
L'ultima versione del disastro con cui si è conclusa la missione britannica (e in parte europea) della sonda Beagle 2 su Marte, sostiene che il manufatto non è mai riuscito a toccare la superficie del pianeta rosso, il 25 dicembre dell'anno scorso. Un rapporto rilasciato dal consorzio britannico che ha costruito Beagle 2 afferma che il fallimento potrebbe essere dovuto a una imprevista bassa pressione incontrata dalla sonda durante la sua discesa nell'atmosfera marziana.
Questa fascia di bassa pressione — localizzata a una altezza variabile tra i 20 e i 40 chilometri dalla superficie — potrebbe aver accelerato la sonda al di là di quanto previsto dal software che gestiva l'atterraggio. Il risultato è stato un impatto catastrofico con la superficie rocciosa e sabbiosa di Marte. Già nel marzo scorso era circolata una prima versione di questa spiegazione del disastro, accennando ad anomalie nella atmosfera marziana, rilevate anche dalla NASA.
Lo studio lungo ben 276 pagine indica anche altre possibili cause del disastro: un malfunzionamento elettronico dovuto al freddo intenso dello spazio interplanetario, una frattura nello scudo termico che si potrebbe essere verificato durante le prove sostenute sulla Terra (e non ravvisato dai tecnici prima della partenza) o infine, più banali problemi con il paracadute o gli air-bag durante la fase finale dell'atterraggio.
Lo studio conclude affermando che la prossima volta il lavoro andrà fatto meglio "immettendo più risorse nella fase ingegneristica e nei test sui materiali". In ogni caso, afferma il team del consorzio britannico, "dobbiamo cercare di ricostruire la sonda e farla volare al più presto possibile, con un design innovativo e migliore".
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