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Complesse questioni di geni

Sembrava che a fare la differenza di uomini e scimpanzé ci fosse appena un 1,5% del genoma. Un nuovo studio però mostra come le differenze sono più profonde di quanto si pensava e sono da cercare nel modo in cui dai geni si arriva alle proteine.

Le differenze genetiche tra scimpanzé e uomo sono più profonde di quanto non si pensasse. Lo ha dimostrato una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Nature da Asao Fujiyama e Todd Taylor del Riken Genomic Sciences Center, in Giappone.
Il nostro genoma e quello dei primati è circa uguale al 98.5% e che differenze morfologiche e cognitive tra le due specie si pensa che siano aggrappate solo a quel restante 1,5%, che si ritiene confinato a livello del "Dna spazzatura", quello cioè che sta fra un gene e l'altro. A questo punto Fujiyama e Taylor hanno fatto un passo più in là, ponendo l'attenzione sul fatto che la soluzione del problema di cosa ci ha reso umani sia più lontana del previsto.

I ricercatori hanno esaminato il cromosoma 22 di tre esemplari di scimpanzé e lo hanno confrontato con l'equivalente umano, il cromosoma 21. Sebbene il genoma dello scimpanzè fosse già stato sequenziato, non si era ancora raggiunto un livello di accuratezza tale da permettere un confronto diretto come quello effettuato ora. E da questo è emerso che esistono delle differenze sostanziali a livello delle sequenze geniche codificanti.
Se si considera tutto il Dna, la differenza tra uomini e scimpanzé è dell'ordine dell'1,44%. Se invece si vanno a guardare la regioni codificanti del genoma la differenza sale fino al 17%.

Questo significherebbe, in altre parole povere, che i geni sono tra loro quasi identici, mentre le proteine che vengono codificate sono molto diverse proprio a causa delle differenze nelle porzioni di gene da cui vengono trascritte. Secondo gli studiosi giapponesi questa scoperta dimostra che anche sottili modifiche nel codice genetico possono essere estremamente importanti per il fenotipo che ne risulta.

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