Le immagini scattate dalla sonda della Nasa rivelano che la superficie della cometa è ricoperta da crateri, pinnacoli e canyon.
Quando lo scorso gennaio la sonda Stardust ha raggiunto la cometa Wild 2 (sfiorandola a soli 236 chilometri di distanza), gli scienziati si aspettavano che le immagini scattate dai suoi strumenti mostrassero un gigantesco ammasso di roccia e ghiaccio ricoperto da una polvere scura che nascondesse ogni caratteristica interessante. Invece, si sono ritrovati con immagini sorprendenti, ricche di crateri, pinnacoli e canyon con fondali piatti e pareti a piombo, tutte estremamente definite e che ricoprono i 50 chilometri quadrati circa della superficie della cometa.
"È stato davvero inaspettato — ha commentato l'astronomo Donald Brownlee dell'Università di Washington, principale investigatore della missione Stardust e autore di un articolo pubblicato sulla rivista Science — Ci attendevamo che la superficie fosse completamente ricoperta di qualcosa di simile a carbone polverizzato".
"I processi che hanno scolpito la superficie di Wild 2 potrebbero essere gli stessi all'opera sulle altre comete — aggiunge Brownlee — ma probabilmente non di altri oggetti celesti presenti nel Sistema Solare". I pinnacoli sono alti circa 100 metri, mentre i crateri sono profondi circa 150. Tra questi ultimi, uno battezzato Left foot ha un diametro di circa un chilometro, cioè un quinto della cometa stessa che non supera i cinque chilometri di diametro.
La navetta Stardust, lanciata dalla NASA nel 1999, sta tornando verso la Terra con migliaia di particelle di dimensioni inferiori al millimetro, raccolte durante un passaggio ravvicinato nei pressi di Wild 2. Alcune di queste particelle hanno anche colpito la navetta come proiettili. Una capsula contenente i campioni dovrebbe paracadutarsi nel deserto dello Utah nel gennaio 2006. Nel frattempo, gli scienziati avranno il tempo di studiare le 72 immagini del nucleo di Wild 2 riprese con la telecamera di navigazione della navetta.
L'Europa deve investire molto di più in questo campo che si potrebbe rivelare fondamentale per la risoluzione di alcuni problemi che il XXI secolo dovrà affrontare. I consumatori continuano, però, a rimanere scettici.
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In un arcipelago del Mare di Bering esperti dell'Università dell'Alaska hanno trovato i resti di una popolazione di mammut che si estinse ben 6 mila anni dopo la scomparsa di gran parte della specie.
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