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Il prione: una proteina impazzita

Istituita alla SISSA una nuova linea di ricerca in Neurobiologia

Attività metabolica nel cervello di un paziente affetto da demenza fronto-temporale

Un nuovo laboratorio nel settore di Neurobiologia della SISSA di Trieste: si chiama Prion Biology Laboratory ed è attrezzato per sviluppare nuove ricerche sui prioni, gli agenti infettivi responsabili del morbo della mucca pazza (BSE).

A coordinare il team che si dedica allo studio, a livello molecolare, della malattia dei prioni è stato chiamato, dagli Stati Uniti, Giuseppe Legname.

Laureato in Biologia a Milano e specializzato in Biotecnologia, Legname ha conseguito il PhD in Gran Bretagna, per tre anni ha poi lavorato a Londra al Medical Research Council per poi trasferirsi in California, dove per otto anni ha approfondito la ricerca sui prioni all'Institute for Neurodegenerative Diseases all'Università della California a San Francisco.

"Sono rientrato in Italia - spiega Legname - perché reclutato dalla Sissa per avviare una nuova linea di ricerca nel settore di Neurobiologia della Scuola. Non potevo rifiutare l'offerta, perchè la Sissa si distingue nel panorama italiano sia per l'alta formazione che per la ricerca scientifica e mi ha dato l'opportunità di proseguire e approfondire la conoscenza di queste proteine, i prioni".

Era il 1996 quando in Gran Bretagna cominciarono a circolare le prime segnalazioni di una strana patologia neurologica, una variante del morbo di Creutzfeld-Jacob, e i sospetti di un possibile legame tra i casi umani e il morbo della mucca pazza che colpiva i bovini. Encefalopatia spongiforme trasmissibile (TSE) è il nome generico attribuito all'insieme di malattie che si ritengono provocate da uno sviluppo anomalo della proteina del prione. Le TSE comprendono l'encefalopatia spongiforme bovina (BSE) e la variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob (variante umana della malattia della mucca pazza). Anche se la causa di queste patologie degenerative è stata indivduata - l'alterazione del prione - ancora devono essere compiuti passi in avanti per individuare i meccanismi molecolari che determinano la proliferazione della proteina.

Il prione è infatti una proteina che in seguito a un'alterazione di forma acquisisce la capacità di replicarsi e accumularsi nel cervello, procurando la distruzione delle cellule cerebrali.

"Ancora non si conosce una cura per fermare l'azione dei prioni - continua lo scienziato da Trieste -, è determinante quindi capire il meccanismo di replicazione dell'agente infettivo e quali cambiamenti molecolari conducono alla sua moltiplicazione". I prioni sono infatti agenti infettivi privi di DNA o RNA di cui ancora c'è tanto da scoprire.

Il team della Sissa si prefigge allora di capire il funzionamento biologico della proteina e studiarne i meccanismi molecolari biologici.

"Lo studio dei prioni apre nuovi orizzonti nella ricerca biologica e nuove prospettive nella comprensione del morbo della mucca pazza (BSE) e della variante umana di Creutzfeld-Jacob - commenta il biologo -. Se nella sua forma benigna, la proteina prionica è un fattore di crescita, di differenziamento per le cellule nervose, e svolge quindi un'importante funzione nel cervello, nella sua forma maligna è responsabile del morbo dell'encefalopatia spongiforme bovina e della variante umana".

Conoscere le basi molecolari dell'alterazione del prione può permettere anche di capire come interferire con la malattia, al fine di individuare una terapia efficace, possibilmente utilizzabile anche per altre malattie neurodegenerative come la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson, che presentano meccanismi analoghi di alterazione del cervello.

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