Chi ha detto che le relazioni sono facili? Se è vero che un giorno gli esseri umani dovranno avere a che fare con accompagnatori e insegnanti di natura robotica, bisogna essere sicuri che questi stimolino la stessa specifica attività cerebrale che normalmente accompagna l'interazione con gli altri esseri umani. Almeno così sostiene un gruppo di ricercatori che ha dimostrato come una mano robotica possa provocare l'attivazione delle aree del cervello parzialmente responsabili della risposta empatica verso gli altri
I robot stanno letteralmente invadendo le nostre vite, come
accompagnatori, sostegni all'educazione e assistenti medici. Per ora
nessuno ha capito ancora se il cervello umano risponda a questi automi
allo stesso modo in cui farebbe con un accompagnatore umano. Per far
luce sulla questione, Lindsay Oberman
e colleghi, dell'Università di California, San diego, USA, hanno
pensato di analizzare gli effetti dei robot sui neuroni specchio (DOI:
10.1016/j.neucom.2006.02.024). Si tratta di neuroni che non solo si
attivano quando la persona compie un'azione, ma anche quando osserva
un'altra compiere la stessa azione. Come spiega Oberman, “ci sono
diverse prove sperimentali che suggeriscono che questi neuroni sono
necessari per i comportamenti imitativi, l'apprendimento,
l'acquisizione del linguaggio e l'empatia.”
I ricercatori hanno registrato l'attività cerebrale di alcuni volontari
mentre questi guardavano il video di una mano metallica che si apriva e
chiudeva o che prendeva in mano un oggetto. Come controllo hanno anche
registrato l'attività elettrica relativa a un video con stimoli
randomizzati.
Il team ha scoperto che i filmati erano in grado di indurre attività
elettrica nell'area frontale che contiene i neuroni specchio, mentre i
video di controllo non provocavano questo tipo di risposta. Secondo i
ricercatori questo indicherebbe che l'essere umano assegna all'azione
del robot lo stesso senso che darebbe a quella umana.
Questa scoperta potrebbe dare inizio a un nuovo approccio nella
costruzione dei robot. Proprio come il test di Turing stabilisce se un
robot possa essere scambiato per un essere umano in una conversazione
scritta, le scansioni cerebrali di osservatori umani potrebbero fungere
da base per un “test di Turing neurale” in grado di misurare l'abilità
di un robot nel coinvolgere il nostro cervello. Oberman suggerisce
anche che “se vogliamo che i robot umanoidi un giorno insegnino o
abbiano altre funzioni sociali, dobbiamo fare in modo che essi
stimolino i neuroni specchio.”
Il prossimo passo sarà quello di scoprire quali caratteristiche siano
in grado di scatenare questa risposta nel modo più efficiente. Kerstin Dautenhahn,
che si occupa di interazione fra essere umano e robot all'Università
dell'Hertfordshire, Regno Unito, dice: “Mi piacerebbe osservare i
risultati di test su una gamma di diversi robot umanoidi, che
potrebbero darci indicazioni su cosa esattamente scateni questa
risposta neurale, e con che intensità.”
La scienziata aggiunge una nota di cautela, visto che i robot in grado
di stimolare la risposta dei neuroni specchio potrebbero essere usati
per influenzare in modo disonesto i pensieri e i sentimenti della
gente: “Non è sempre cosa auspicabile l'essere in grado di influenzare
le persone in questo modo. Bisogna mantenere la massima cautela.”
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