Uno studio dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia dimostra che il fondale marino si è espanso ad alta velocità nel passato
Nel cuore del Mar Tirreno, a una latitudine che corrisponde all’incirca a quella della città di Cosenza, il fondo marino si è espanso al ritmo di circa 20 centimetri all’anno: nuovo materiale è risalito dalle profondità della Terra in un processo di generazione della crosta del tutto simile a quello che avviene nel mezzo dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Pacifico. Lo hanno scoperto tre ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), Iacopo Nicolosi, Fabio Speranza e Massimo Chiappino. La scoperta, pubblicata sulla rivista “Geology”, è stata resa possibile dalla realizzazione di una mappa delle anomalie magnetiche provocate dalla particolare natura del sottosuolo.
Che il Mar Tirreno fosse soggetto a un processo di “oceanizzazione”, cioè di lentissima espansione, era noto da tempo ai geologi. Il fenomeno è iniziato ben dieci milioni di anni fa e con accelerazione e rallentamenti è andato avanti fino ai nostri tempi, accompagnato anche dalla nascita di vulcani sottomarini, dall’apertura di fratture profonde e dalla rotazione in senso antiorario dell'Appennino meridionale. Le nuove elaborazioni sviluppate dai ricercatori dell’INGV non solo confermano che il fenomeno è avvenuto in tempi geologicamente recenti (circa 2 milioni di anni fa), ma anche che è avvenuto a velocità superiore al previsto, tanto da segnare il record mondiale delle velocità di espansione dei fondali oceanici.
Questa scoperta assume inoltre una particolare importanza, perché la zona interessata dall’espansione si trova a ridosso del più grande vulcano europeo: il Marsili, un gigante sommerso ancora più grande dell’Etna (50 km di lunghezza e 3000 m di altezza). “Lì, alla profondità di 3500 metri, c’è la piana abissale su cui si è innalzato il Marsili meno di un milione di anni fa — spiega Fabio Speranza —. E da vari segnali sembra proprio che questo vulcano sia ancora attivo”.
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