Diversi pesticidi alternati lungo l’arco del ciclo vitale del parassita Helicoverpa armigera ha risolto una crisi che in India stava per rovinare la produzione di cotone e la vita di milioni di contadini. La stessa tecnica, che combatte la resistenza dei parassiti ai pesticidi e riduce fra l’altro la quantità di pesticida necessario, viene ora applicata in Cina, Pakistan e Uganda
Negli anni Ottanta e Novanta, il bruco della farfalla notturna Helicoverpa armigera sembrava che stesse per distruggere i raccolti e quindi i mezzi di sussistenza di milioni di coltivatori indiani di cotone. I bruchi diventavano sempre più resistenti agli insetticiti. In seguito a centinaia di suicidi tra i contadini, alla fine del 1998 il governo ha intraprese diverse azioni.
Ora, grazie a una tecnologia relativamente semplice per controllare la distribuzione di insetticita che combina la conoscenza della biologia dell’insetto con quella della natura umana, il cotone è di nuovo una coltivazione remunerativa per decine di migliaia di contadini.
Il programma a livello nazionale informa i contadini sull’insetticita più efficace e sul periodo migliore per usarlo: durante ognuna delle quattro fasi del ciclo vitale dell’insetto viene usato un unico insetticida. Il ciclo vitale della Helicoverpa armigera dura circa un mese, così i figli degli insetti resistenti al pesticida usato in una fase vengono uccisi da un pesticida diverso usato nella fase successiva il mese seguente.
Una rete di 27 laboratori regionali testano gli insetticidi che uccidono i bruchi della zona, e i funzionari di distretto stabiliscono un piano di distribuzione dell’insetticida usando un software chiamato Helibase. I contadini applicano il piano solo quando i danni superano una certa soglia. Dato che i contadini tendono a farsi influenzare dai loro vicini, il progetto è stato introdotto in blocco in interi villaggi contemporaneamente.
“Ci aspettiamo che il piano risulti sostenibile, dato che presenta immediati vantaggi per i contadini. In India si vive alla giornata e non possiamo pretendere che la gente faccia qualcosa solo per il bene pubblico,” dice Derek Russell dell’Università di Greenwich (UK), che è il cervello dell’operazione insieme a Keshav Kranthi del Central Institute of Cotton Research di Nagpur in India.
“Il maggior vantaggio si è avuto in termini di salute umana,” dice Kranthi. Un’indagine condotta nel 2004 ha rivelato che nell’ambito di questo programma il numero di contadini intossicati dagli insetticidi si è ridotto di circa 10 volte, grazie al fatto che ne vengono spruzzati di meno e solo di un tipo per volta.
Nel 2005, a tre anni dall’introduzione del programma in India, è stato dimezzato l’uso degli insetticidi usato dai 45 000 contadini che avevano aderito fino a quel momento: oggi sono 90 000 i contadini coinvolti, e altre migliaia seguono comunque le raccomandazioni stabilite dal programma. I raccolti sono cresciuti dell’11% e i profitti del 75%. Nel distretto Wardha della regione Maharashtra, dove il programma è stato introdotto nel 1997, gli insetticidi comuni sono tornati a essere efficaci contro le Helicoverpa armigera. Cambiamenti simili stanno avvenendo in tutto il paese, ma non si sa quanto questo sia dovuto al programma in sé o a una maggiore consapevolezza rispetto al problema generale della resistenza agli insetticidi da parte dei parassiti. I risultati saranno pubblicati questo mese dall’International Cotton Advisory Committee con sede negli Stati Uniti.
“Il controllo della resistenza agli insetticidi è molto difficile nelle piccole fattorie del Terzo Mondo a causa del grande numero di contadini da contattare e del fatto che molti di loro non sono molto istruiti,” dice Alan McCaffery della Sygenta di Bracknell (UK), capo del Insecticide Resistance Action Committee, un ente industriale internazionale. “Questo programma è il primo che ha avuto un impatto.”
Russell e colleghi hanno anche introdotto parti del programma in Cina e Pakistan attraverso un servizio di informazioni per i contadini. In Uganda invece è stato scelto un approccio diverso. “Non ci sono delle strutture di supporto in Uganda, e allora abbiamo deciso di fare 9000 dimostrazioni all’anno. Entro la fine del 2007 avremo contattato tutti i coltivatori di cotone in Uganda,” conclude.
Rachel Nowak
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