Studiare come cambiano i gusti e le mode alimentari aiuta gli scienziati a valutare come siano variate negli anni le riserve di pesci e molluschi.
La storia del collasso delle risorse ittiche si può studiare anche andando a vedere che cosa offrivano i menu dei ristoranti di un secolo fa. Lo hanno fatto ricercatori del History of Marine Animal Populations coordinati da Poul Holm dell'Università di Esbierg in Danimarca.
I ricercatori hanno preso in esame i menu di circa diecimila ristoranti di città americane rinomate per il pesce, come San Francisco, Boston o Providence nel Rhode Island, e hanno combinato l'analisi dei tipi di pesce proposti con i prezzi dei piatti. Hanno cosí scoperto che l'offerta e il prezzo tendevano a variare proprio in base ai gusti delle persone e alla disponibilità delle varie specie.
Un esempio particolarmente interessante è quello delle aragoste. Nel tardo Ottocento, erano in gran parte mangiate dai domestici, perché le classi elevate non le consideravano cibo raffinato. Ma nel corso del Novecento, man mano che diventavano più difficili da ottenere e il loro prezzo saliva, ecco che sono diventate cibo da tavole riccamente imbandite. Un altro esempio è quello dell'orecchia di mare, un mollusco particolarmente apprezzato negli anni Venti, Trenta e Quaranta, in California, quando costava circa 7 dollari al piatto. Supersfruttato, è scomparso o quasi dalle coste californiane e ora viene importato a prezzi che variano dai 50 ai 70 dollari al piatto.
Lo scopo finale del progetto è capire quali sono state le reazioni delle varie specie ittiche di fronte alla pressione rappresentata dalla pesca. Non tutte le specie sono infatti entrate in crisi: ad esempio l'aringa del Mare del Nord mantiene una popolazione costante e un costante numero di catture. La ricerca viene presentata al convegno Oceans Past che si tiene in Danimarca. E servirà a sostenere la richiesta di limiti più forti alla pesca commerciale.
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