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Scudi magnetici per gli astronauti

Nubi di plasma potrebbero un giorno proteggere gli astronauti dalle radiazioni cosmiche

Scudo magnetico


“Scudi deflettori” magnetici potrebbero un giorno difendere gli astronauti dalle pericolose radiazioni provenienti dallo spazio, se un esperimento tutt’ora in corso funzionerà.

L’esposizione alle particelle cariche d’energia, potrebbe sottoporre gli astronauti coinvolti in lunghe missioni, a un aumento del rischio di sviluppare tumori e perfino a problemi cognitivi. Tali particelle provengono dal vento solare, dalle supernove e dalle ancora non identificate sorgenti al di fuori del Sistema Solare.

Il campo magnetico terrestre protegge da tali particelle, i veicoli spaziali nelle orbite più basse, come lo Space Shuttle e la Stazione Spaziale Internazionale, ma gli astronauti in viaggio verso Marte o in soggiorno sulla Luna, non potrebbero beneficiare di tale protezione.

Ora che gli americani e gli europei stanno pianificando missioni a lungo termine verso Marte e la Luna, stanno incoraggiando l’interesse verso il problema della schermatura dalle radiazioni.

Un gruppo dell’Università di Washington a Seattle, negli Stati Uniti, ha appena completato un ciclo di esperimenti che ha studiato un possibile approccio, utilizzando una bolla di particelle cariche, o plasma, come scudo deflettore. 

Ora, un secondo gruppo ha iniziato altri esperimenti sul potenziale scudo deflettore. Il team, guidato da Ruth Bamford, del Rutherford Appleton Laboratory in Gran Bretagna, spera di poter far volare nello spazio un satellite test circondato da una nube di plasma.

Il concetto si basa sul fato che le nubi di plasma hanno dei forti campi magnetici ed elettrici che possono, in via di principio, deviare le particelle cariche.

Il gruppo ha cominciato con il testare un semplice generatore di campo magnetico che consiste in delle anse di filo attraversate da un corrente elettrica.

Nell’arco di pochi minuti, i ricercatori hanno progettato di utilizzare il dispositivo per catturare una nube di plasma e verificare la sua capacità di deviare le particelle cariche dentro una camera sottovuoto lunga circa 2 metri. Per la fine del 2007, gli scienziati sperano di fare una sperimentazione in una camera larga almeno il doppio, usando un acceleratore di particelle.

Il team spera di attirare investimenti per una missione dimostrativa che utilizzi dei fili attorno a una navicella spaziale per generare un campo magnetico capace di contenere una nuvola di plasma. “Se siamo fortunati, potemmo lanciare una missione test nei prossimi 10-15 anni”, ha detto Robert Bingham, un membro del team del Rutherford Appleton Lab.

Non sarebbe la prima volta che un satellite rilascia una nube al plasma nello spazio. Nel 1984, uno dei tre satelliti di una missione chiamata Active Magnetospheric Particle Tracer Explorer (AMPTE), progettata per studiare le basi fisiche delle nubi al plasma, ha prodotto un nuvola attraversando migliaia di chilometri.

La nube proteggieva il satellite dal vento solare ma la missione non aveva alcun modo per contenere il plasma, e la nube è semplicemente volata via dopo un po’, lasciando il satellite senza protezioni.

Alcuni ricercatori dicono che il concetto dello scudo deflettore promette bene. John Slough, che coordina il gruppo dell’Università di Washington, ha detto che il suo studio di fattibilità, finanziato dalla NASA, ha mostrato che sono stati capaci di deviare la particelle cariche con una bolla di plasma e un filo a maglie lungo pochi centimetri. “La questione è vedere se è possibile farlo su una scala più larga” ha commentato Slough.

Tuttavia, Frank Cucinotta, il responsabile della NASA per la salute e radiazioni presso il Space Center in Houston, in Texas, negli USA, ha affermato che ci sono degli svantaggi in questi metodi di “schermatura attiva” rispetto a usare, più semplicemente, degli strati extra di materiale per bloccare le particelle pericolose.

Per esempio, se qualcosa si rompe nell’apparecchio che genera la bolla di plasma, l’intero scudo potrebbe scomparire, mentre la schermatura fisica non alcun pezzo che può rompersi.

Cucinotta ha affermato che materiali come il polietilene potrebbero fornire una schermatura effettiva, almeno per le particelle provenienti dal Sole. Come per i raggi cosmici che arrivano dal di fuori del Sistema Solare, il ricercatore ha aggiunto che c’è una certa incertezza sull’entità e sui rischi reali per la salute. “Non saremo in grado di capire quanto o quanto poco sono efficienti gli schermi finché non avremo più informazioni biologiche” ha detto al New Scientist.

Bamford ha presentato il suo lavoro queste settimana al National Astronomy Meeting della Royal Astronomical Society a Preston, Gran Bretagna.   

David Shiga

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