È aperta la caccia alle differenze fondamentali per la nostra storia evolutiva
Un pezzettino di osso vecchio 38.000 anni ha permesso a Richard Green e Svante Pääbo del Max Planck Institute per l’Antropologia Evouzionistica (Lipsia, Germania) di sequenziare il genoma mitocondriale di un uomo di Neanderthal (Cell, vol 134, pp 416-426, 8 agosto 2008).
L’analisi del frammento, proveniente dalla Croazia, inaugura una nuova stagione di ricerca in profondità su quanto ci distingue dai nostri cugini, da cui ci siamo separati qualcosa come 600 millenni fa.
Anche se il DNA mitocondriale è molto meno ricco di informazione di quello nucleare, il suo studio non è per questo meno importante e informativo.
Lavori precedenti, svolti solo su parti di DNA mitocondriale, hanno permesso di datare il nostro comune antenato, appunto più o meno 660.000 anni fa. Hanno anche mostrato come tra umani e Nenaderthal non ci siano stati molti incroci, o almeno non abbastanza da lasciare tracce nei rispettivi genomi. Il nuovo sequenziamento, questa volta completo, conferma questi risultati, e offre nuovi dati, anche per ricostruire le vita dei Neanderthal.
I ricercatori hanno confrontato la porzione di DNA mitocondriale di questa specie con quella di altri primati, e da questa analisi, che mostra poca mescolanza di geni, ritengono si possa dedurre che i Neanderthal vivevano in piccoli gruppi. Questo dato è confermato dalle osservazioni etnografiche, attuali e storiche: le comunità di cacciatori-raccoglitori non possono mai essere troppo numerose, pena la penuria di cibo e una troppo alta competizione tra gruppi.
Le differenze genetiche tra noi e i nostri lontani cugini possono soprattutto aiutarci a capire cosa ci rende diversi e così unici tra i primati. Il gene COX2 ad esempio, coinvolto nella produzione di energia cellulare, è codificato in modo diverso nel nostro e nel DNA dei Neanderthal, in quattro punti. Queste differenze sembrano condizionare l’efficienza della proteina, e potrebbero quindi indicare un salto fortunato nella nostra storia evolutiva.
"Studiare il genoma dei Neanderthal può aiutarci a capire i momenti importanti dell’evoluzione umana recente”, afferma Green.
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