Un articolo postumo di uno scienziato americano impegnato nel progetto Manhattan getta dei dubbi sulla fattibilità dei reattori a fusione.
Fa discutere un articolo pubblicato postumo sulla rivista "Science" (Vol. 311 n. 5766) da William Parkins, capo dei ricercatori della Rockwell International e fisico nucleare impegnato nel progetto Manhattan. Nell'articolo lo scienziato ritiene un'utopia arrivare alla costruzione di un reattore nucleare a fusione da usare per produrre energia.
Parkins è morto di cancro nello scorso ottobre, ma il direttore della rivista Donald Kennedy ha deciso di pubblicare ugualmente l'articolo ritenendo che avrebbe suscitato accese discussioni. E in effetti così è stato. Parkins ritiene che anche nel caso in cui la fusione possa essere imbrigliata per produrre energia, rimarebbero dei problemi insormontabili di gestione della centrale. I costi sarebbero semplicemente troppo elevati. Bisognerebbe infatti ricostruire le pareti di conteminento molto spesso a causa dell'azione dei neutroni. Il calore prodotto dalla fusione poi, sarebbe molto alto, e nessun sistema di raffreddamento esistente potrebbe sopportarlo. Gli strati di materiale destinati a fungere da scambiatori di calore, sarebbero costosissimi: un solo strato costerebbe quasi quanto una centrale a fissione.
Sebbene le argomentazioni di Parkins abbiano convinto Kennedy, molti altri ricercatori ritengono che siano alquanto datate. "È spazzatura", ha commentato infatti Ian Cook, un fisico esperto di fusione nucleare della Atomic Energy Authority inglese. David Ward, sempre dello stesso organismo, si dice invece meravigliato "che argomentazioni simili siano ancora pubblicate. Sono emerse per la prima volta negli anni Novanta, ma sono state da tempo scartate".
Entrambi i ricercatori sono d'accordo sul fatto che componenti del reattore dovranno essere sostituiti periodicamente, ma sono anche convinti del fatto che questo fattore è stato preso in considerazione nelle analisi di costo. Il tutto porta a un costo stimato dell'energia da fusione di circa 5-10 centesimi al chilowattora, un costo paragonabile a quello di altre fonti energetiche, come ad esempio il carbone.
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