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Carlo Maiolini

Carlo Maiolini

Perché tutti possano parlare di scienza

Il Museo Tridentino di Scienze Naturali di Trento è uno dei più attiviti musei italiani. Non solo è un importante centro di ricerca naturalistica, ma produce ogni anno mostre interattive di nuovo stampo, e tra qualche anno si traformerà in un grande science centre. Carlo Maiolini è uno degli animatori del Museo, a cui abbiamo chiesto di aiutarci a capire il senso della sua professione.

15 novembre 2006
Paola Rodari

Qual è il ruolo dei musei nel diffondere la cultura scientifica

Qual è, secondo te, il ruolo dei musei scientifici e dei festival della scienza nel rapporto tra ricerca scientifica e società?

Quello di favorire un incontro fra le due parti in modo diverso dalla comunicazione in broadcasting. In poche altre occasioni cittadini che normalmente non si occupano di scienza possono vedere, domandare e toccare “la scienza” dedicandovi magari una giornata o un pomeriggio.

Tu sei un “animatore”: cosa significa? Cosa fai concretamente?

Mi piace pensare che un animatore scientifico “faccia parlare” la scienza. In molti casi quello che siamo chiamati a spiegare ai visitatori sono processi oggettivi, fatti. Davanti a un fatto il visitatore è solo con la sua ragione. L’animatore può aggiungere a questa esperienza, comunque importante, una componente dialettica: può ricevere e fare domande, può portare il visitatore a pensare più a lungo all’argomento di quanto non succederebbe in solitudine: per dare una risposta, per fare un’altra domanda.

Cosa dà ai visitatori il contatto con gli animatori, in più della visita solitaria a un museo?

Credo che la presenza dell’animatore cambi radicalmente l’esperienza del visitatore: “oggi ho visto un mostra sulla teoria della relatività” diventa “oggi ho parlato della teoria della relatività che è in mostra”. Si è in due (o più!) e si parla di un fatto: l’animatore stimola nel visitatore una modalità base, penso, della conoscenza umana, il dialogo, ma che è oggi raramente utilizzata perché in qualche modo la conversazione sulla scienza è inibita. L’animatore porta la gente, per un breve momento, a parlare di scienza: un piacere che sembra essere condiviso da tutti, quando stimolato nel modo giusto. Ovviamente spesso è l’operatore che parla più dei visitatori, altrimenti ci licenziano, ma ben di rado la visita guidata in una mostra scientifica finisce senza un intervento, una domanda o una polemica da parte dei visitatori.

Qual è l’attività di animazione — esperimento, gioco o altra cosa che fai — che piace di più al pubblico?

Nella mia (non lunga) esperienza una cosa che piace molto è la “rielaborazione”. Dopo la visita guidata il gruppo ha tre quarti d’ora di tempo per chiedere all’animatore tutto quello che non ha ancora chiaro dopo la guida. L’animatore si aiuta con una smart board (una sorta di touch screen molto grande) che immancabilmente diventa protagonista concentrando su di sé l’attenzione. L’animatore scrive, disegna, scherza rispondendo alle domande dei visitatori sui temi della mostra.

Come sei arrivato a lavorare come animatore?

Avevo bisogno di un lavoro flessibile mentre frequentavo un master in comunicazione ambientale.

Pensi che l’animatore sia una vera e propria professione, o che sia solo un modo per entrare nei musei, e l’animatore debba poi passare a svolgere qualche altro ruolo? O addirittura dovrebbe tornare alla scienza-scienza, e fare il ricercatore?

Credo che l’animatore possa essere una professione e, comunque, sia un ottimo modo per approcciarsi al mondo della comunicazione della scienza. È un lavoro che insegna moltissimo sui modi in cui la scienza viene recepita dai non-scienziati. Un osservatorio privilegiato sulle difficoltà e le fascinazioni che la scienza dà ai non addetti ai lavori. Penso inoltre che un animatore con una buona esperienza possa incidere attivamente nel bilancio fascinazione/difficoltà della scienza, a favore della prima. Quindi penso che, lungi dall’essere “un modo per entrare nei musei” un buon animatore possa giocare un ruolo molto importante in un museo. Purtroppo gli stessi musei considerano spesso l’animatore come una figura transitoria, che troverà prima o poi un lavoro “serio” oppure passerà a occuparsi di qualcosa “di più importante” all’interno dell’ente. Per quanto mi riguarda mi piacerebbe che ogni museo avesse una sua divisione animatori dove i ragazzi con più esperienza e che vogliano continuare con questo lavoro possano aspirare a uno stipendio fisso e magari a compiti di coordinazione e progettazione delle attività.


Una questione di fiducia

Mario Riccio Mario Riccio

La conclusione del “caso Englaro” non chiude la questione spinosa della legge sul testamento biologico che in Italia ancora manca e anzi, se come è probabile, verrà votata in questi giorni una legge circoscritta unicamente all'alimentazione e all'idratazione artificiale dei pazienti incapaci di provvedere a se stessi, si rischia di cadere nel caos più assoluto. Come spiega Mario Riccio, medico “Che ha fatto la volontà di Piergiorgio Welby” come recita il titolo di un suo libro – e che è stato assolto l'anno scorso dall'accusa di “omicidio consenziente” - non saranno solo i cittadini a farne le conseguenze, ma anche i medici che si troveranno ad affrontare situazioni sempre più complicate e pazienti sempre meno fiduciosi.

Federica Sgorbissa

11 febbraio 2009

Una legge sul testamento biologico

Boniolo Giovanni Giovanni Boniolo

Il caso Englaro - Beppino Englaro il padre di Eluana, una donna in coma per 17 anni, dopo varie battaglie legali ha ottenuto la sospensione delle cure che tenevano in vita la figlia scatenando così la forte opposizione da parte del Governo Italiano -, ha messo in evidenza la necessità di una legge per il testamento biologico in Italia. Il rischio, o la certezza visto il disegno di legge che dovrebbe essere approvato a breve, è che nella fretta si finisca per far passare un provvedimento parziale e che limiterà la libertà di scelta di ogni cittadino. Con Giovanni Boniolo, filosofo della scienza esperto di bioetica e coordinatore del dottorato in “Foundation of life sciences and their ethical consequences” abbiamo discusso della deriva italiana in fatto di autodeterminazione del paziente.

Federica Sgorbissa

10 febbraio 2009

Tanto rumore per una particella

Maria Curatolo Maria Curatolo

Il Large Hadron Collider è un dispositivo lungo 27 chilometri situato a circa 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Al suo interno i fasci di protoni corrono a velocità della luce. In alcuni punti la temperatura è da brivido, quasi 270 gradi sotto zero. Ma quando i protoni si scontrano la temperatura sale fino a diventare 1000 miliardi di volte maggiore di quella al centro del Sole. I suoi numeri sono da record: LHC oggi è la macchina più potente e la fabbrica di informazioni più grande del mondo. Il suo obiettivo principale? Trovare una particella: il bosone di Higgs. Maria Curatolo, responsabile per l’INFN dell’esperimento ATLAS, spiega a Scienza Esperienza gli obiettivi degli esperimenti di LHC.

Ilenia Picardi

23 settembre 2008

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