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Cristina Fernetti

Cristina Fernetti

Musei come grandi piazze per discutere e capire

L’Immaginario Scientifico Science Centre è il primo esempio italiano di science centre, nato ormai quasi venti anni fa. Pur non essendo molto grande in termini di spazi, ha una ricchissima offerta di laboratori didattici per tutte le età. Sono gli animatori i protagonisti di dei laboratori: ma chi è un animatore? Lo abbiamo chiesto a Cristina Fernetti, una delle colonne del Museo.

15 novembre 2006
Paola Rodari

Qual è il ruolo dei musei nel diffondere la cultura scientifica

Qual è, secondo te, il ruolo dei musei scientifici e dei festival della scienza nel rapporto tra ricerca scientifica e società?

Musei scientifici e festival dovrebbero essere come delle grandi piazze (le agorà degli antichi greci), dei punti di ritrovo dove la gente si può radunare per raccogliere informazioni aggiornate, discutere delle proprie curiosità scientifiche con degli specialisti dell’argomento (dottorandi e ricercatori) o imparare qualcosa di nuovo con l’ausilio di tecniche di apprendimento e tecnologie innovative. Sarebbe molto bello avere la disponibilità e partecipazione di accademici che abbiano il piacere e la volontà di raccontare il loro lavoro anche a chi cattedratico non è. Requisito fondamentale, in questo caso, sarebbe l’utilizzo di un linguaggio semplice e comprensibile.

Tu sei un “animatore”: cosa significa? Cosa fai concretamente?

In una parola credo che la definizione più adeguata sia “il mediatore”, inteso come mezzo attraverso il quale la conoscenza scientifica fluisce in modo dinamico dal “supporto” che la contiene (libro, CD, DVD ecc.) al pubblico che la richiede.

Cosa dà ai visitatori il contatto con gli animatori, in più della visita solitaria a un museo?

Credo che durante la visita a un museo o la partecipazione a un evento di divulgazione sia importante per il visitatore avere la possibilità di disporre di un po’ di tempo per la visita “in solitario”, per dedicare poi il resto del tempo alla discussione, allo scambio di opinioni ed eventualmente alla richiesta di informazioni a un animatore. Questa dinamica, secondo me, consente al visitatore di avere una visione propria di quello che ha osservato, per poi metterla eventualmente a confronto con quanto l’animatore può raccontare, suggerire o integrare. Sono sempre e comunque una sostenitrice del contatto umano: quando è possibile preferisco la comunicazione orale a qualsiasi altro tipo di strumento.

Qual è l’attività di animazione - esperimento, gioco o altra cosa che fai - che piace di più al pubblico?

Durante le animazioni il pubblico sia adulto che scolastico gradisce molto la parte sperimentale, soprattutto quando li vede direttamente coinvolti. Anche l’esperimento più banale diventa un momento di divertimento. Alcuni esempi? “Smontare” e “rimontare” una cellula, sezionare o manipolare un campione biologico, estrarre il DNA da cellule vegetali. Durante le visite nella parte interattiva del museo gli esperimenti con le bolle di sapone, fatti in compagnia dell’animatore, sono decisamente quelli che suscitano meraviglia e stupore in grandi e piccini.

Come sei arrivato a lavorare come animatore?

Sono approdata all’Immaginario Scientifico nel 2002, mentre stavo frequentando il dottorato di ricerca all’Università. Lavoravo solamente nel weekend e le mie mansioni erano quelle di accogliere i visitatori all’ingresso, introdurre loro il museo, le modalità di visita e di pagamento del biglietto. Effettuavo inoltre visite guidate a gruppi che richiedevano di sviluppare in modo approfondito temi biologici. Nel 2004 ho deciso di cambiare la mia posizione nel mondo del lavoro e di abbandonare la ricerca scientifica. Mi sono proposta all’Immaginario Scientifico che in quel periodo stava cercando nuovo personale da inserire nel settore didattico. Da gennaio 2005 sono quindi parte dello staff permanente dell’area didattica del science centre: mi occupo in particolare delle attività che hanno attinenza con le scienze biologiche, sia dal punto di vista dell’animazione che di progettazione e realizzazione di nuove attività.

Pensi che l’animatore sia una vera e propria professione, o che sia solo un modo per entrare nei musei, e l’animatore debba poi passare a svolgere qualche altro ruolo? O addirittura dovrebbe tornare alla scienza-scienza, e fare il ricercatore?

Credo che l’animatore sia da considerare una vera e propria figura professionale. Essendo una figura recente, è ancora in attesa di veder riconosciuto pubblicamente il suo valore e il suo ruolo fondamentale nella nuova era della divulgazione scientifica. L’esperienza propria dell’animatore la ritengo anche fondamentale nella creazione e sviluppo di strutture dedicate alla divulgazione. Questo soprattutto per le conoscenze che si vengono ad acquisire grazie all’interazione diretta con il pubblico. Per quanto riguarda l’eventuale passaggio ad altro ruolo, ritengo che si tratti più di una necessità personale che non di un fase di passaggio “obbligato” prima di ricoprire altri ruoli. Dalla mia esperienza personale non credo che chi lascia la ricerca scientifica voglia o possa un giorno rientrarvi. Ritengo invece che un training presso delle strutture che fanno divulgazione potrebbe essere una buona esperienza formativa da prevedere per chi si prepara a diventare un ricercatore, magari da introdurre all’interno dei programmi di corsi di laurea o di dottorato di ricerca.

Una questione di fiducia

Mario Riccio Mario Riccio

La conclusione del “caso Englaro” non chiude la questione spinosa della legge sul testamento biologico che in Italia ancora manca e anzi, se come è probabile, verrà votata in questi giorni una legge circoscritta unicamente all'alimentazione e all'idratazione artificiale dei pazienti incapaci di provvedere a se stessi, si rischia di cadere nel caos più assoluto. Come spiega Mario Riccio, medico “Che ha fatto la volontà di Piergiorgio Welby” come recita il titolo di un suo libro – e che è stato assolto l'anno scorso dall'accusa di “omicidio consenziente” - non saranno solo i cittadini a farne le conseguenze, ma anche i medici che si troveranno ad affrontare situazioni sempre più complicate e pazienti sempre meno fiduciosi.

Federica Sgorbissa

11 febbraio 2009

Una legge sul testamento biologico

Boniolo Giovanni Giovanni Boniolo

Il caso Englaro - Beppino Englaro il padre di Eluana, una donna in coma per 17 anni, dopo varie battaglie legali ha ottenuto la sospensione delle cure che tenevano in vita la figlia scatenando così la forte opposizione da parte del Governo Italiano -, ha messo in evidenza la necessità di una legge per il testamento biologico in Italia. Il rischio, o la certezza visto il disegno di legge che dovrebbe essere approvato a breve, è che nella fretta si finisca per far passare un provvedimento parziale e che limiterà la libertà di scelta di ogni cittadino. Con Giovanni Boniolo, filosofo della scienza esperto di bioetica e coordinatore del dottorato in “Foundation of life sciences and their ethical consequences” abbiamo discusso della deriva italiana in fatto di autodeterminazione del paziente.

Federica Sgorbissa

10 febbraio 2009

Tanto rumore per una particella

Maria Curatolo Maria Curatolo

Il Large Hadron Collider è un dispositivo lungo 27 chilometri situato a circa 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Al suo interno i fasci di protoni corrono a velocità della luce. In alcuni punti la temperatura è da brivido, quasi 270 gradi sotto zero. Ma quando i protoni si scontrano la temperatura sale fino a diventare 1000 miliardi di volte maggiore di quella al centro del Sole. I suoi numeri sono da record: LHC oggi è la macchina più potente e la fabbrica di informazioni più grande del mondo. Il suo obiettivo principale? Trovare una particella: il bosone di Higgs. Maria Curatolo, responsabile per l’INFN dell’esperimento ATLAS, spiega a Scienza Esperienza gli obiettivi degli esperimenti di LHC.

Ilenia Picardi

23 settembre 2008

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