Il Festival della Scienza di Genova è ormai un appuntamento immancabile del panorama culturale del nostro paese, e migliaia di persone partecipano a centinaia di incontri, spettacoli, visite a esposizioni, laboratori… Protagonisti di questa grande macchina per la comunicazione della scienza sono gli animatori: cosa pensano del loro ruolo? Lo abbiamo chiesto a una di loro, Raffaella Denegri.
Qual è, secondo te, il ruolo dei musei scientifici e dei festival della scienza nel rapporto tra ricerca scientifica e società?
I musei scientifici e i festival della scienza cercano di avvicinare la scienza alla società, e creano opportunità di incontro e di scambio fra gli autori dei progressi scientifici, i ricercatori e il pubblico non specializzato. Le mostre, i laboratori e gli eventi divulgativi in generale danno la possibilità alla società di percepire nella maniera corretta il lavoro degli enti di ricerca, facendo apprezzare i vantaggi della scienza e dell’utilizzo di nuove tecnologie.
Tu sei un “animatore”: cosa significa? Cosa fai concretamente?
Essere animatore scientifico significa comunicare le mie conoscenze al visitatore, e fargli quindi toccare con mano la scienza presente nella vita di tutti i giorni. Tutto questo avviene in maniera ludica ed interattiva: evito di imporre una spiegazione del fenomeno coinvolto nell’exhibit sul quale sto lavorando con il gruppo. Faccio domande, e rispondo con altre domande alle domande del visitatore in modo tale da stimolare il ragionamento e la curiosità.
Cosa dà ai visitatori il contatto con gli animatori, in più della visita solitaria a un museo?
L’animatore scientifico impersona di fatto il collegamento tra il visitatore e il mondo della scienza: con la capacità di comunicare, gestire e interessare il pubblico non si svolge solo il compito di guida all’interno di una mostra, ma si catalizza l’attenzione del visitatore. Il ricordo di quello che ha fatto l’animatore, i suoi movimenti e le sue domande rimarranno nella mente del visitatore molto più delle parole scritte su un pannello che spiega l’exhibit.
Qual è l’attività di animazione — esperimento, gioco o altra cosa che fai — che piace di più al pubblico?
I bambini adorano un exhibit della mostra “Semplice e Complesso” che si chiama “Cristalli”, ma che noi animatori, in confidenza, chiamiamo “le palle gialle” (vedi foto). Con questo exhibit ai bambini faccio costruire una piramide di sfere di polistirolo grandi come pompelmi. Quando la piramide è intera inizia la “magia”: cominciamo a togliere alcune sfere e, con grande stupore dei piccoli, osserviamo che la piramide non crolla ma rimane integra nella sua struttura. Ed ecco che i piccoli iniziano a capire il concetto del reticolo cristallino, dei difetti del reticolo e di impaccamento minimo… paroloni da scienziato che in questa maniera sono alla portata di tutti.
Come sei arrivato a lavorare come animatore?
Ho iniziato per caso nel 1998, tramite un professore dell’Università di Genova che organizzava la mostra interattiva “Imparagiocando” e stava cercando animatori scientifici.
Pensi che l’animatore sia una vera e propria professione, o che sia solo un modo per entrare nei musei, e l’animatore debba poi passare a svolgere qualche altro ruolo? O addirittura dovrebbe tornare alla scienza-scienza, e fare il ricercatore?
Penso che quella dell’animatore scientifico sia una vera e propria figura professionale: il mestiere dell’animatore è quello di sensibilizzare il pubblico e orientare i giovani verso la scienza; non va assolutamente sottovalutato!!
La conclusione del “caso Englaro” non chiude la questione spinosa della legge sul testamento biologico che in Italia ancora manca e anzi, se come è probabile, verrà votata in questi giorni una legge circoscritta unicamente all'alimentazione e all'idratazione artificiale dei pazienti incapaci di provvedere a se stessi, si rischia di cadere nel caos più assoluto. Come spiega Mario Riccio, medico “Che ha fatto la volontà di Piergiorgio Welby” come recita il titolo di un suo libro – e che è stato assolto l'anno scorso dall'accusa di “omicidio consenziente” - non saranno solo i cittadini a farne le conseguenze, ma anche i medici che si troveranno ad affrontare situazioni sempre più complicate e pazienti sempre meno fiduciosi.
Il caso Englaro - Beppino Englaro il padre di Eluana, una donna in coma per 17 anni, dopo varie battaglie legali ha ottenuto la sospensione delle cure che tenevano in vita la figlia scatenando così la forte opposizione da parte del Governo Italiano -, ha messo in evidenza la necessità di una legge per il testamento biologico in Italia. Il rischio, o la certezza visto il disegno di legge che dovrebbe essere approvato a breve, è che nella fretta si finisca per far passare un provvedimento parziale e che limiterà la libertà di scelta di ogni cittadino. Con Giovanni Boniolo, filosofo della scienza esperto di bioetica e coordinatore del dottorato in “Foundation of life sciences and their ethical consequences” abbiamo discusso della deriva italiana in fatto di autodeterminazione del paziente.
Il Large Hadron Collider è un dispositivo lungo 27 chilometri situato a circa 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Al suo interno i fasci di protoni corrono a velocità della luce. In alcuni punti la temperatura è da brivido, quasi 270 gradi sotto zero. Ma quando i protoni si scontrano la temperatura sale fino a diventare 1000 miliardi di volte maggiore di quella al centro del Sole. I suoi numeri sono da record: LHC oggi è la macchina più potente e la fabbrica di informazioni più grande del mondo. Il suo obiettivo principale? Trovare una particella: il bosone di Higgs. Maria Curatolo, responsabile per l’INFN dell’esperimento ATLAS, spiega a Scienza Esperienza gli obiettivi degli esperimenti di LHC.