Guido Trombetti è Rettore dell’Università di Napoli Federico II. Da pochi mesi è Presidente della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), il massimo organo che presiede a tutte le realtà universitarie nazionali. Matematico napoletano, docente di analisi matematica, ha assunto un ruolo istituzionale intermedio tra la ricerca effettiva e le scelte di gestione universitaria nel mutato quadro politico italiano. Lo abbiamo incontrato per fare il punto sulla sua attuale posizione e sul ruolo della divulgazione della matematica nel quadro della cultura generale italiana.
Professor Trombetti, come si è calato da matematico nel suo nuovo e difficile ruolo di Presidente della CRUI?
C’è una dimensione di casualità in certe scelte. Si comincia facendo il direttore di dipartimento, poi si determinano le condizioni per fare il preside e così via. Con il tempo deriva un certo gusto nella gestione della ricerca. In fondo, il bello della vita e della carriera universitaria è che c’è sempre la possibilità di intersecare più ruoli. È possibile ovviamente fare ricerca. Però, gratifica molto anche lavorare sulla sua organizzazione; che è attualmente importante quasi quanto farla. Un ricercatore puro impiega una parte enorme del suo tempo a scrivere progetti. Negli Stati Uniti questo modello rappresenta quasi un paradosso. I ricercatori americani impiegano forse più tempo a cercare fondi che a svolgere la loro attività scientifica.
La gestione di un’università può dare inoltre
grandi soddisfazione. Per esempio, costruire un sistema di assistenza
alla disabilità, come è stato realizzato qui a Napoli, ha poco a vedere
con la ricerca pura ma ha un notevole significato dal punto di vista
umano. Siamo infatti riusciti a far laureare studenti autistici, grazie
a un ottimo sistema di sostegno.
Da matematico che problemi ha studiato?
Nella parte predominante della mia attività di
matematico mi sono occupato di simmetrizzazione, cioè di uno studio
specifico delle soluzioni di una particolare classe di equazioni:
quelle che i matematici chiamano alle derivate parziali. Ora tento di
spiegare di cosa si tratta. Se due problemi matematici sono studiati in
due insiemi diversi, accade che le soluzioni di questi problemi,
relative ai due insiemi, non risultano confrontabili tra loro. Alcune,
infatti, sono definite in un insieme, mentre altre, in un secondo
insieme. Se è possibile invece ricondursi, grazie a delle opportune
trasformazioni, a un solo insieme, si vedrà che si riesce a
raffrontarle tra loro. Si dimostra in generale che la soluzione, che in
gergo matematico è chiamata la “più alta”, è sempre quella definita
nell’insieme che è rappresentato geometricamente dalla sfera. Questo
risultato genera una serie di conseguenze di grande rilevanza
matematica. A questi problemi del resto hanno lavorato personalità di
spicco come il matematico francese Pierre-Louis Lions, che è ha vinto
nel 1994 la medaglia Fields, l’equivalente del Premio Nobel per la
matematica.
Che ne pensa dello stato della divulgazione della matematica in Italia?
La matematica è una disciplina che si è isolata. Il
grado di specialismo è così elevato che si fa fatica a capire perfino i
titoli dei lavori scientifici che appaiono sulle riviste. Un matematico
riesce a leggere solo una piccola parte di quello che viene pubblicato.
La divulgazione, che poi è il terreno che crea la cultura generale, è
praticamente assente. Non mi riferisco solo alla divulgazione verso il
grande pubblico, ma anche alla stessa divulgazione interna alla
comunità dei matematici. Nessuno si sforza di spiegare, per esempio, la
dimostrazione della congettura di Poincaré, o quella dell’ultimo
teorema di Fermat, in una forma che sia comprensibile almeno per
l’intera comunità di matematici e poi, in un secondo momento, anche per
l’uomo della strada.
C’è poi una sostanziale disattenzione della matematica, ma in generale
di tutte le scienze di base, verso la gente comune. Penso che sia
possibile spiegare concetti fondamentali senza quella barriera
mostruosa che è linguaggio specialistico. È evidente che è necessario
uno sforzo per trovare una semantica e una sintassi che consentano di
portare certi concetti al grande pubblico, ma i tentativi finora sono
stati estremamente scarsi.
La conoscenza delle nozioni scientifiche è cruciale ai fini
dell’esercizio della democrazia. Quando, per esempio, siamo andati a
votare al referendum sulla fecondazione medicalmente assistita, solo un
italiano su centomila sapeva di cosa si stesse parlando. Anche nei
dibattiti televisivi gli scienziati avevano un atteggiamento distante
dal sentire della gente comune. Di fatto, la religione e le ideologie
hanno sostituito completamente il messaggio scientifico, perché sono di
gran lunga più comprensibili ed efficaci. Il discorso è più generale e
riguarda un po’ tutta la scienza. Non è un caso che il mondo della
ricerca di base sia in crisi. Non lo è solo quello della matematica. Il
paradosso è poi che mai come oggi c’è bisogno di matematica: in
economia, in medicina, nella medicina nucleare. Per esempio, alla base
del funzionamento delle TAC o delle risonanze magnetiche ci sono
precisi concetti matematici. Mi chiedo perché non lo si spieghi.
In un contesto culturale dove emergono spesso mitizzazioni sulle più
svariate questioni, come quello delle risorse energetiche, per esempio,
ritengo che la divulgazione scientifica possa svolgere un ruolo
demitizzante, fornendo gli scenari più equilibrati e ragionevoli: fare
divulgazione rappresenta quindi un dovere sociale.
Come possiamo sperare di attrarre i giovani in un mondo che ha
costruito l’immagine dell’uomo di successo come colui che guadagna
molto, che ha grandi relazioni sociali e che vuole calcare sempre un
palcoscenico; dove l’apparire è tutto. Se sono questi i tre parametri
grazie ai quali un ragazzo giudica la realizzazione personale, allora
mi chiedo come attrarlo verso la matematica. Non certo per il guadagno
o per il protagonismo, l’unica possibilità è affascinarlo con le idee.
È quindi necessario che queste idee si esprimano con un linguaggio che
sia immediato e accessibile.
Che rapporti intende stabilire con il governo; che futuro prevede per l’università e la ricerca?
Credo che i rapporti debbano essere sempre
dialettici. La CRUI è un organo terzo. Non è né di sinistra né di
destra, né progressista né conservatore. La CRUI deve fare una politica
a sostegno della ricerca e dell’alta formazione, negli interesse degli
studenti e dei ricercatori. Su questa posizione la CRUI deve
intrattenere un rapporto dialettico con la politica. In questo momento
è inutile nascondere che il problema centrale è la scarsità delle
risorse di base, quelle per il funzionamento quotidiano, per
l’ordinario. È su questo che bisogna lavorare ancora molto.
La conclusione del “caso Englaro” non chiude la questione spinosa della legge sul testamento biologico che in Italia ancora manca e anzi, se come è probabile, verrà votata in questi giorni una legge circoscritta unicamente all'alimentazione e all'idratazione artificiale dei pazienti incapaci di provvedere a se stessi, si rischia di cadere nel caos più assoluto. Come spiega Mario Riccio, medico “Che ha fatto la volontà di Piergiorgio Welby” come recita il titolo di un suo libro – e che è stato assolto l'anno scorso dall'accusa di “omicidio consenziente” - non saranno solo i cittadini a farne le conseguenze, ma anche i medici che si troveranno ad affrontare situazioni sempre più complicate e pazienti sempre meno fiduciosi.
Il caso Englaro - Beppino Englaro il padre di Eluana, una donna in coma per 17 anni, dopo varie battaglie legali ha ottenuto la sospensione delle cure che tenevano in vita la figlia scatenando così la forte opposizione da parte del Governo Italiano -, ha messo in evidenza la necessità di una legge per il testamento biologico in Italia. Il rischio, o la certezza visto il disegno di legge che dovrebbe essere approvato a breve, è che nella fretta si finisca per far passare un provvedimento parziale e che limiterà la libertà di scelta di ogni cittadino. Con Giovanni Boniolo, filosofo della scienza esperto di bioetica e coordinatore del dottorato in “Foundation of life sciences and their ethical consequences” abbiamo discusso della deriva italiana in fatto di autodeterminazione del paziente.
Il Large Hadron Collider è un dispositivo lungo 27 chilometri situato a circa 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Al suo interno i fasci di protoni corrono a velocità della luce. In alcuni punti la temperatura è da brivido, quasi 270 gradi sotto zero. Ma quando i protoni si scontrano la temperatura sale fino a diventare 1000 miliardi di volte maggiore di quella al centro del Sole. I suoi numeri sono da record: LHC oggi è la macchina più potente e la fabbrica di informazioni più grande del mondo. Il suo obiettivo principale? Trovare una particella: il bosone di Higgs. Maria Curatolo, responsabile per l’INFN dell’esperimento ATLAS, spiega a Scienza Esperienza gli obiettivi degli esperimenti di LHC.