Una, nessuna e centomila
Così è Baku. Dalla personalità multipla, sostiene appunto Lizzi. Addirittura finta e senza personalità, secondo Pio. Brutta senza mezzi termini, per Carlo. E invece, per Paolo, bizzarra, stranamente sontuosa e, se non proprio elegante, certamente più bella di molte nostre città ingrigite dall’incuria.
Il collage di stili e imitazioni che architetti senza timidezze hanno messo insieme, fa di Baku la città più sorprendente che potevamo pensare di incontrare, almeno fino a oggi, sulla nostra Via della Seta. Nessuno di noi se l’aspettava così: scintillante di grattacieli dalle forme fantascientifiche; costellata di bianchi palazzi ottocenteschi, in gran parte recentissimi o completamente rifatti grazie al petrolio che gli azeri hanno cominciato a gestire liberamente, per la prima volta, solo pochi anni fa.
Lucidata a nuovo – molto spesso, però, è solo facciata – al punto che, sul lungomare e nella piazza ombrosa dalle buffe fontane monumentali, c’è perfino chi passa la lucidatrice sul pavimento, mentre in periferia sfilano ancora, sotto i nostri occhi, interi quartieri di alveari di sovietica memoria.
Dentro le mura medioevali, la città vecchia custodisce i due monumenti principali della città: la Torre delle Vergini e il palazzo degli Shirvanshah.
La cosa più interessante, però, è infilarsi nelle antiche viuzze con le case dai tipici balconi ottomani, e nei caravanserragli, gli antichi alberghi dei carovanieri della Via della Seta; dove un tempo si vendeva e si scambiava ogni ben di dio e oggi si trovano ristoranti, botteghe di artiste-artigiane, negozi di tappeti e gallerie d’arte.
All’entrata di una di queste, ci attirano due bellissime sculture stilizzate in pietra dell’artista azero Mahmud Soltanov. Rappresentano entrambe il cammello, simbolo della vita ricca e abbondante e uno dei due è inchinato davanti al fuoco.