Un melone mai visto

Oggi abbiamo lasciato Bukhara alle sette e mezza di mattina in compagnia di Soli, che ci guiderà a Samarcanda. Dopo due ore di viaggio nella steppa, giungiamo a Karluk, nella regione di Karshi.
La campionatura si svolge nell’accogliente comunità del melone dalle cento proprietà, che su questo suolo raggiunge dimensioni gigantesche. E infatti, durante il benvenuto che per noi rappresenta come sempre una seconda colazione, lo assaggiamo in due varianti, mai gustate né viste prima: melone secco attorcigliato, da conservare per l’inverno (kovun kok); e melone caramellato in bocconcini zuccherosi, dove però, mi dice Marina, rappresentatnte uzbeca di Terra Madre, non vi è alcuna aggiunta di zucchero.
Preparare il melone secco è semplicissimo: si taglia una fetta per il lungo, la si appende a un filo orizzontale, si aspetta una settimana e il torciglione giallo è pronto per essere conservato.
Un giovane della comunità si aggira con la cinepresa per il cortile allestito come al solito e comincia a riprenderci pure lui…

I ragazzini e i bimbi in braccio alle mamme ci guardano sorridenti. E anche se siamo messi a dura prova da un microclima bollente, i test si svolgono spediti in un’atmosfera davvero allegra perfino per me che nonostante polase, alghe spiruline e gin seng mi sono sentita bollita per tutto il giorno. Durante la preparazione della pietanza principale, ecco lo scambio culturale tra Enrico e la cuoca che domanda “Ma si fa anche da voi il plov?” Con qualche generalizzazione, lui risponde “Si chiama risotto”. “E ci mettete le stesse cose?” “Più o meno… Le cipolle certamente si”.
Sui tavoli-divano gli uomini chiaccherano amabilmente e bevono vodka. Enrico si intrattiene con tutti perché per lui la lingua è un elemento secondario. Beato lui!
E in quanto a numero di persone testate, anche oggi i genetisti raggiungono un bel traguardo: 48 profili raccolti. I codici a barre sulle provette risultano alquanto stortini; ma chi mai potrebbe sofisticare con questa temperatura record?

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