Tra spezie, cappelli e genetica a Bukhara

Ci sentiamo tutti un po’ più leggeri, ora, in Uzbekistan. L’indagine dei ricercatori può finalmente ricominciare. Dilbar, la guida uzbeka dall’italiano perfetto, e Marina, la referente di Slow Food (uzbeka di Taskent di sangue coreano-russo-greco-ucraino), ci accompagnano nella città vecchia dove veniamo accolti in una bella per quanto nuova sala da tè-ristorante (ricavata in un palazzo vechio di 400 anni) per incontrare i produttori di spezie di Terra Madre. Piano piano, cominciano ad arrivare tutti, a sistemarsi ai tavoli allestiti come al solito, a svolgere i test con la consueta disponibilità.

Ma la vecchia e bellissima città di Bukhara bussa alla porta e ci chiama fuori. Un gruppetto di noi azzarda un’uscita per le vie color sabbia. Gironzoliamo nel mercato coperto, tra le botteghe di abiti e sciarpe di seta e la fragranza di spezie… Cominciamo a catturare qualcosa di quest’atmosfera particolare e un po’ magica.
Sono le ore più calde della giornata. Irresistibili. Per riprenderci torniamo ogni tanto nella sala da tè e annusiamo le spezie che si raccolgono in montagna: noce moscata, cannella, coriandolo, pepe nero, bianco, rosso, chiodi di garofano, cumino, anice, curcuma…

La campionatura intanto procede sempre uguale, e non c’è dubbio che ci troviamo nella location più comoda e gradevole in cui abbiamo lavorato fino a oggi. L’incontro più bello è quello con Zarina, sette anni, nel suo variopinto negozio pieno di cappelli uzbeki dal tipico patchwork. Con un tempismo perfetto, ci rivolge subito alcune domande in inglese e ci invita a entrare. Non è insistente, è solo gentile e molto simpatica.

Arriva un’altra splendida bambina. Si chiama Wazira e ha 12 anni. Poi si unisce Maftuna, la più grande. Sono tutte sorelle e sono in vacanza. Ripenderanno la scuola il due settembre. Nel giro di un po’ arriva anche un fratellino, Achmad. Alla fine, stringiamo amicizia e ci invitano a casa loro per un tè. Attraversiamo un cortile ed entriamo in una bella sala che dà direttamente sull’esterno. Pare una casa diffusa. Il pavimento è coperto di tappeti e un bimbo dorme nella tradizionale culla bardata. I cugini lo cullano, ballano, ci offrono dell’anguria e, infine, la più grande ci legge alcuni versi da un Corano custodito in una nicchia. Qui si studia l’arabo solo a partire dall’adolescenza. “Arrivederci a domani!”… La città vecchia è davvero piccola e passeremo certamente di qui molte altre volte.

Nel tornare, ci fermiamo ad ascoltare un musicista nel mercato coperto. Ci mostra a uno a uno gli strumenti della tradizione uzbeka e li suona. Alla fine, confessa: vende anche un disco suo. Ci assicuriamo che contenga “un saggio” di ogni strumento e lo prendiamo.
Il primo giorno, in questa città bellissima, seppure decisamente turistica, è stato molto invitante. Anche i genetisti sono molto soddisfatti: sono state testate ben cinquanta persone, il campione più grosso raccolto finora.

1 commento

Alex18/8/2010 alle 12:51

Ciao Pio.
I see it is a nice journey.
You do a great job.
Tanti auguri per tutti.
Regards,
Alex

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