Obiettivi che hai, percorsi che trovi

Appena prima di cominciare i test tra gli allevatori kazaki mangiatori di cavalli, a un certo punto, Maddalena mi raggiunge e mi domanda se per caso è rimasta negli zainetti qualche mora di gelso seccata, di quelle che ci hanno regalato le donne “guerriere” del Pamir e che ci hanno accompagnato fino in Uzbekistan (per me hanno rappresentato almeno una merenda e un pranzo provvidenziali). Gli allevatori kazaki le hanno assaggiate per la prima volta, si sono illuminati e ne hanno preso ancora a piene mani: “Da dove vengono? Ne avete ancora?”. Così, anche se quasi mai abbiamo avuto tempo per saperne davvero di più, per assaporare, per scambiare qualcos’altro a parte manicaretti, sorrisi e punteggi sulle schede dei test, ecco che stamattina, grazie a un cibo tagiko sconosciuto ai locali, siamo stati, proprio come i viaggiatori di un tempo, un mezzo di trasmissione di nuove abitudini. Dev’essere in questo modo, sulla strada di chi si sposta, che si sono sempre intrecciati destini e conoscenze; che ancora oggi si mescolano cibi, lingue e culture; e che ne nascono di nuove.

E che una strada diventi via di scambio oppure no, certo non lo decide soltanto la geografia. A volte è il caso, a volte un matrimonio, a volte l’istinto di prendere strade mai percorse, di deviare dalla strada maestra. Nel nostro caso, a suggerire questo nostro insolito e lungo tragitto è stata sì la millenaria Via della Seta ma, prima ancora, l’obiettivo dei ricercatori del Burlo di testare gruppi relativamente isolati come, per esempio, le comunità di Terra Madre che abbiamo incontrato.

Ma perché proprio le comunità isolate? È Pio d’Adamo a spiegarcelo: “Perché nei gruppi isolati, per antonomasia meno esposti alle contaminazioni ambientali o “esterne”, dove l’influenza culturale è costante e riconoscibile, certe differenze, per esempio quelle che le persone manifestano in fatto di gusti e preferenze alimentari, sono più facilmente spiegabili come risultato di differenze genetiche. Cosa impossibile da misurare nelle città dove le influenze culturali sono infinitamente varie e a volte imprevedibili.”


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