Impressioni di agosto sulla Via della Seta

È trascorso più di un mese dalla prima campionatura. Avevo cominciato già a Buchara a raccogliere le impressioni più forti, i ricordi più simpatici dell’esperienza vissuta fino a quel momento. Ma, sembrerà incredibile, non è stato sempre facile trovare un momento per domandarlo a tutti. Quando potevo io, quasi sempre non potevano gli altri: o erano al lavoro, o durante il sacro recupero, o su un’altra auto, o a tavola, o a letto.

Pio, prima del tracollo collettivo in Pamir

La prima cosa è che, è proprio vero, negli occhi hai una macedonia incredibile di volti, di persone, di cibi… Ma va bene anche questo, un leggero stordimento… Una cosa che mi ha colpito è che pur nella brevità estrema delle relazioni che instauriamo nel corso dei test, riesce sempre a emergere qualcosa della personalità delle persone. A Bukhara, per esempio, c’era una signora col un bel fazzoletto in testa che mi dice di non poter fare il test dei colori: “Sono senza occhiali…” si schermisce. “Non importa – le dico – vedrà che anche senza, i colori potrà vederli benissimo”. E infatti, il suo test risulta perfetto. Il suo ringraziamento, allora, è stato calorosissimo e per me emozionante: quasi mi fosse grata di aver insistito… Ecco, si trattava certo di una persona empatica, capace di manifestare le emozioni… E così è stato anche altre volte: abbiamo potuto riconoscere le persone aperte, quelle diffidenti, quelle puntigliose…

Poi, sono le caratteristiche e i volti delle persone a rimanerti più impresse…

Nicola, idem come sopra

Direi che il viaggio sta andando molto bene, anche il gruppo pare ben assortito.. L’accoglienza delle persone è stata incredibile, non ci conoscono ma ci ospitano a casa loro, ci danno il loro cibo, e non si tratta certo di persone particolarmente abbienti. Un’altra cosa è che abbiamo visto delle soluzioni incredibili a dei problemi comuni… qui a Bukhara, per esempio, si esce con valigie di soldi, perché le banconote hanno tagli piccoli e di scarsissimo valore… E questo, dicono, per controllare l’inflazione.

E città di marmo e fontane in mezzo al nulla desertico; il percorso salute di 25 km sulla motagnola per far correre i ministri, penso ad Asghabat.

Finché non si vedono di persona, queste cose fanno un’impressione insuffciente… Siamo davvero nel paese delle meraviglie, in un certo senso… Tutta l’Asia centrale a modo suo lo è.

Il fatto che a ogni passaggio di confine il paesaggio cambia notevolmente.

Paolo, periodo pre Pamir

In Georgia, facendo le schede anamnestiche (la storia delle malattie pregresse, i dati antropometrici, età, sesso, alcune abitudini alimentari, diabete e ipertensione sì o no ecc.) mi è capitato di domandare a una signora se aggiunge latte al tè, e di sentirmi rispondere “Quando ce l’ho”. Questo, non vorrei sbagliarmi, mi ha dato la dimensione di una povertà profonda… Perché non stiamo parlando di un cellulare, ma di un elemento per noi talmente scontato… La seconda cosa che mi ha colpito è la quantità di tè che si beve in Azerbaijan e in Uzbekistan: un uzbeko ne ha “confessati” addirittura sette al giorno!

Maddalena, sulla strada per rientrare in Uzbekistan dal Pamir

La varietà delle “location” dove abbiamo campionato. Abbiamo potuto stare in luoghi davvero molto diversi tra loro: in campagna, nelle case private, nella sala da tè-ristorante… Poi, la curiosità nei nostri confronti e la disponibilità delle persone. E anche la curosità riguardo ai test che sottoponiamo loro. Sebbene non mi sia piaciuta Asghabat, non essendo mai stata nel deserto, mi son rimasti nel cuore i branchi di dromedari tra le dune.  Anche Nissa al tramonto, la città dei Parti, mi è piaciuta molto. Nella classifica dei plov che stiamo stilando, il mio preferito è quello azero, che invece gli altri hanno trovato troppo grasso (quello con castagne, albicocche secche, uvetta e grasso di pecora). Quello che non mi è piaciuto sono stati i trasferimenti troppo lunghi su strade terribili che hanno reso tutto molto pesante. L’aspetto che colpisce al cuore è la generosità di queste persone che, pur avendo poco, condividono con noi tutto quello che hanno. Cose che noi, purtoppo, abbiamo perso.

Lizzi a Tashkent un paio di giorni fa

Il luogo che mi ha colpito di più è stato Samarcanda. Immaginavo l’importanza dei suoi monumenti, ma il fatto che molte testimonianze dicessero “Non sono rimasti che quattro sassi!” aveva ridotto di molto le mie aspettative.

E, invece, è stato tutto rimesso a posto… E i suoi simboli mi hanno lasciato davvero stupefatta… Ogni angolo dei siti che abbiamo visitato mi faceva restare a bocca aperta. Un vero tuffo al cuore, una vera commozione – a me che la montagna non ha mai fatto impazzire – sono stati i monti del Tajikistan, la loro gradezza, le valli strette per cui le montagne sembrano ancora più alte… Per la prima volta da che vado in montagna, l’emozione fisica è stata davvero forte.

Fin dall’inzio, poi, mi ha molto impressionato vedere questa strana forma di Islam: le donne sono apparentemente libere – vedi per esempio gli abiti – dall’altra, però, avverti una forma latente di religiosità che i 70 anni di regime hanno solo assopito. Sotto sotto non è cambiato niente, anzi: potrebbe esserci il rischio, vista la repressione, che tutto riemerga in modo violento. E le donne, che avevano conquistato una sorta di parità, forse potrebbero rischiare di tornare indietro.

Sono piacevolente sorpresa, poi, di ciò che ha fatto in 15 anni l’Aga Khan Foundation. Avevo già avuto modo di apprezzarlo in Africa, ma qui ancora di più, se penso al resto del paese.

In conclusione, mi è piaciuto molto essere sempre così in movimento, sempre alla ricerca di situazioni nuove, anche se magari le digeriremo solo più in là… Anzi, forse proprio questo stile di viaggio, così tutti insieme, a contatto stretto con le comunità, con i loro cibi, le loro case e villaggi è quello che ci ha permesso di evitare una gran bella disillusione… Un tipo di viaggio che ha fatto passare in secondo piano il fatto che la Via della Seta, ormai, non è altro che un mito.

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