Il Mar Nero non l’abbiamo visto

Siamo in una piccola azienda che secca e preparara bacche ed erbe selvatiche per rifornire ditte famaceutiche e produttori di sciroppi e tisane. Per la raccolta si avvale di una cooperativa che impiega circa 300 persone. La proprietaria, Esma, è una signora decisa e simpatica, dal piglio molto coinvolgente, con un sorriso dai denti d’oro cosa molto apprezzata in Asia centrale. Schiere di bacche ed erbe obbediscono ai suoi comandi tutte allineate in casse e grandi sacchi sotto una tettoia nel cortile di fronte a casa sua. In un capannone, un forno a legna (ecco il perché di tutta la legna accumulata nel cortile, che, mi chiedevo, che cosa potesse avere che fare con le bacche e le erbe) riscalda una camera chiusa sul cui pavimento stanno metri quadri di bacche per seccarsi più in fretta.

Ora stanno anche pensando di cominciare a coltivare loro stessi e non limitarsi solo alla raccolta, e c’è anche in programma la costruzione di un capannone dove poter lavorare anche in inverno. Finora infatti, il lavoro viene interrotto nei mesi più freddi, dicembre e gennaio, quando la temperatura scende anche a dieci gradi sotto zero. Esma ci spiega che tutto viene costruito con speciali mattoni fatti con conchiglie sminuzzate: sono resistenti (quasi indistruttibili) e molto isolanti. Li produce una ditta di queste parti e sono ideali per queste zone. Peccato che siano molto costosi: 1 euro tre mattoni.

Poi la solita sequenza di campionamenti, in un locale dedicato alle feste del paese con annesso teatro dove Giorgia si rinchiude per fare i test audiometrici, essendo quello il locale più silenzioso… peccato che fosse anche quello più freddo e umido.

Il lavoro dura fino a oltre le quattro, e la fame si fa sentire. Per fare pipì si va in cortile dove, al riparo di quattro muri, c’è un buco nel terreno. Anche questi muri sono comunque costruiti con i famosi mattoni di conchiglie.

Verso le quattro e mezza ci mettiamo a tavola ospiti a casa di Esma, davanti a un dispiegamento di piatti tartari: la popolazione qui infatti è tartara e conservano le tradizioni di un tempo così come la lingua. Per pasteggiare, oltre a un vino dolcissimo, ci offrono anche un liquore d’erbe, ma è una medicina, ci assicura Esma, e quindi fa bene. Ma non tutti si fanno convincere.

Anche oggi siamo rimasti in campagna e il mare non l’abbiamo visto. Come sarà il Mar Nero? Per saperlo dovremo tornare in Crimea in vacanza, come tutti continuano a ripeterci.

Simona Cerrato

1 commento

paolo9/10/2011 alle 21:11

Bravi ragazzi!!! Ottimo ritmo e anche i Tartari nella ns. collezione di campioni! Da quando siamo partiti oltre un anno fa, tutti ci hanno detto di tornare in vacanza, ma l’unica vacanza a cui tutti aspiriamo dopo le fatiche dei viaggio, delle campionature, delle relazioni belle ma complesse per la difficoltà di lingua è …..una bella spiaggia caraibica, o meglio ancora la barca di Lizzi e Carlo

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