I primi campionamenti

Ore 8:00, si parte. La prima comunità che andiamo a campionare si trova a Deprabak, nella regione di Gerarkunic, tra il lago di Sevan e l’Azerbaijan, a 1.450 metri sul livello del mare. Qui si trovano due produttori del Presidio del Motal, il tradizionale formaggio armeno fatto con latte di capra.
Partiti da Yerevan attraversiamo la regione di Tavush, che Frunze, la nostra guida, definisce “la Svizzera armena” per il verde dei boschi che all’improvviso, dopo una breve galleria di un paio di chilometri, prende il sopravvento sul giallo steppa che solitamente veste i rilievi del Piccolo Caucaso.


Due ore di viaggio e arriviamo a destinazione dove ci aspetta Ruslan, il nostro referente di Terra Madre. Dopo la presentazione al sindaco, inizia la fase di allestimento degli spazi per campionare. Le stanze che ci mettono a disposizione nell’edificio del comune sono tre: in una si faranno le prove audiometriche, in un’altra le schede anamnestiche, i test dei colori, quello delle preferenze alimentari e dell’amaro, quello del riconoscimento degli odori. Nell’ultima le foto che serviranno per studiare quali sono i determinanti genetici dei tratti somatici.
In pochi minuti tutto è pronto, appena in tempo per l’arrivo delle prime persone.
I campionamenti si svolgono secondo protocollo e tra il generale entusiasmo misto a curiosità di quanti vi partecipano. Solo la raccolta del DNA crea, come previsto, qualche imbarazzo per cui non ce n’è uno che, ricevuta la provetta, non si sposti da un’altra parte per eseguirla in solitario.
L’affluenza è molto buona e le attività vanno avanti a ritmo serrato per circa quattro ore. Una volta finito, siamo ospiti del sindaco per il tradizionale pranzo dedicato agli ospiti d’onore. All’ombra di una pergola vengono serviti fogli di lavash (il pane tradizionale armeno), carne di capretto bollita, patate, fagioli, piselli, motal (il formaggio tradizionale armeno) e ogni genere di erbette locali, crude o cotte, perché, come ci ha detto il sindaco, “agli armeni piace il verde”. Il tutto annaffiato con vodka armena, più leggera e aromatica di quella russa, vino rosso, birra locale e i brindisi benauguranti del tamada, il nostro ospite.

Ovviamente c’è anche dell’acqua e non manca neanche il matzun, lo yogurt liquido prodotto in casa e servito come bibita. Durante il pranzo alcuni commensali ci dedicano un concertino di musica tradizionale.
Tra gli strumenti anche il duduk, un flauto ricavato dal legno di albicocco, capace di “raccontare la storia dell’Armenia tramite la musica” (così ci ha detto nei giorni scorsi Anush, la nostra referente locale di Metamondo).
Il pranzo termina con una selezione di frutta appena raccolta, anguria e del golosissimo miele appena tolto dalle arnie.
Dopo pranzo ci invitano a visitare i due produttori di motal. Il motal è un formaggio fatto con il latte di capra, cagliato con caglio naturale o di sintesi e messo in forma. Poi passa attraverso due diverse salamoie, in cui vengono aggiunte delle erbe, solitamente dragoncello, e in cui viene lasciato per ben due mesi. Il motal può essere consumato così oppure sotto una diversa varietà prodotta spezzandolo, pressandolo in un contenitore di terracotta che viene chiuso con della garza e cera, capovolto e messo in un contenitore pieno di cenere per eliminare l’umidità dove rimarrà a maturare per almeno quattro mesi.
Dopo i saluti e i brindisi di rito ci dirigiamo verso il lago Sevan dove pernotteremo per un paio di notti. La giornata si chiude con la scansione e la spedizione a Trieste delle schede dei campionamenti.

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