Di mappa in mappa…

“Io parlo parlo” dice Marco al Grande Qubilai Khan”, ma chi m’ascolta ritiene solo le parole che aspetta.

Altra è la descrizione del mondo cui tu presti benigno orecchio, altra quella che farà il giro dei capannelli di scaricatori e gondolieri sulle fondamenta di casa mia il giorno del mio ritorno,

altra ancora quella che potrei dettare in tarda età, se venissi fatto prigioniero da pirati genovesi

e messo in ceppi nella stessa cella con uno scrivano di romanzi d’avventura.

Chi comanda al racconto non è la voce: è l’orecchio”.

Da Le città invisibili, Italo Calvino

Non sappiamo con assoluta certezza se Marco Polo vide davvero i luoghi e le persone come li raccontò per penna di Rustichello (Come mai non menzionò la Grande Muralgia? E perché i commentaori cinesi del tempo non menzionarono lui?…) Ma ciò che stuzzica me – indipendentemente dalla pur notevole questione vero o falso? – è il successo straordinario che ebbe Il Milione, l’importanza e il significato che il libro dedicato alle avventure di Marco Polo alla corte di Qubilai Khan rivestì agli occhi dei contemporanei e di tantissimi che vennero dopo, di ogni classe, regione o paese… La ragione sta forse nel fatto che qualunque racconto o diario di viaggio fa, agli occhi di chi lo legge, le veci di una preziosissima mappa. Quell’intreccio di coordinate indispensabili che ci aiutano a muoverci con la testa prima che con le gambe, a preparare il viaggio vero, a orientarci, a vagabondare, a ritrovare la strada dopo esserci persi. Una mappa, dunque, è sempre necessaria. E non importa che sia fedele al territorio… Certo, conviene saperlo che non fotografa il vero ed è sempre un punto di vista: dell’epoca, del cartografo, dello storyteller… Ciò che conta, però, è che sia coerente quanto basta per poter essere utilizzata come ipotesi di partenza. Non è necessario sia anche credibile. Perché un punto da cui guardare e “prendere le misure” ci vuole sempre. Ci vuole un obiettivo che suggerisca la strada, una prospettiva che orienti le decisioni… Anche se alla fine, quasi certamente, a volte auguratamente, preferiremo gettare tutto alle ortiche, superando o rinnegando l’ipotesi iniziale. Ergo, le mappe sono comunque indispensabili… Proprio come i punti di vista degli altri, che ci svelano mondi e visioni inaspettati, ma soprattutto sfidano e mettono alla prova i nostri, li esaltano o li dissolvono come neve a sole. Ecco, forse, che cosa fu Il Milione per i suoi contemporanei, indipendentemente dalla sua veridicità: un punto di vista che, prima di tutto, rispondeva al bisogno profondo: gettare il cuore oltre l’ostacolo, mappare e ripercorrere quei mondi fantastici e fantasticati da cui per secoli erano giunte sì l’eco e le merci, ma sempre e soltanto grazie a passaggi di mano o di testimone. Mai grazie agli occhi di un viggiatore soltanto. Perché è solo dal confronto tra mappe – ipotesi – punti di vista consistenti che possono scaturirne di nuove ed efficaci, che poi si rivelano semplicemente più esaurienti oppure del tutto rivoluzionarie. E il racconto di Marco Polo fu proprio questo. Di questo confronto ineludibile, però, spesso non ci accorgiamo neppure, convinti di essere riusciti, prima di partire o di guardare l’altro, a fare tabula rasa. E invece, come tutti i viaggi o gli sguardi sull’orizzonte, anche il nostro prenderà le mosse da ipotesi di partenza, attese, pregiudizi… Come sempre, in mente e sulle spalle avremo le nostre mappe da consultare. Altre mappe, per fortuna, saranno tutte da stendere. Ma attraverso queste, vecchie o nuove che siano, guarderemo ancora una volta innanzitutto noi stessi. Arrivederci a Tbilisi!

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