Da Sis a Shermaka
“Vulcani” in miniatura sulla strada per Sis
Sulla strada per Sis, dove ci fermeremo a dormire per la campionatura genetica di domani, sostiamo nella suggestiva area protetta dei vulcani di fango, piccoli coni argillosi dai quali, a intervalli di qualche minuto, erutta fango freddo spinto in superficie dal gas di cui questa landa petrolifera è ricca. Lizzi ci sprofonda con tutti i piedi.
Tornati in auto, il serpentone nero d’asfalto ondeggia tra le distese di steppa arse dal sole. Sembra la nostra Sicilia d’agosto, ma qui siamo tra le morbide colline che fanno da contrafforte alla cresta maestosa del Caucaso. Poi, una lunga e tortuosa arrampicata del fuoristrada apre all’improvviso uno squarcio di colline boscose nella steppa dorata. Eccoci a Sis, un insieme di case sparpagliate nel paesaggio selvaggio del distretto di Shemakha.
Alla ricerca dell’identità perduta
Come sempre, ci accoglie una ridente tavolata. Ma non è ancora il momento di mangiare: sta per comiciare il primo evento Slow Food organizzato da Terra Madre in Azerbaijan, in occasione della vista dei genetisti del Burlo e della loro ricerca. Ci sono, tra gli altri, Nazim Narimanov, che si occupa di ogm, Zitta Hasanova ed Egana Balakishiyeva, consulenti per un progetto di salvaguardia forestale, tutti membri del convivium Terra Madre. C’è anche Buta, uomo d’affari del paese che all’inizio di quest’anno ha finanziato il festival di 100 giorni della cultura azerbaigiana a Londra, e pare piuttosto interessato alla mission di Terra Madre. Si parla, si scambiano idee e perplessità. Il tema è quello della riconversione di un sistema agricolo che 100 anni fa perse la sua specificità per rispondere a quelle esigenze di mercato come standardizzazione e produttività, i cui effetti collaterali sono stati, tra gli altri, la perdita di diversità e, oggi, di autonomia e autosufficienza.
Azer Garayev, responsabile Slow Food azero e leader del convivium Terra Madre di Shirvan, ci racconta: “Fino agli anni 80, queste montagne coperte di viti erano la regione principale di produzione vitivinicola del paese: i contadini raccoglievano l’uva e la portavano alle aziende statali. Poi, la piaga nazionale dell’alcolismo ha spinto Gorbaciov a sostituire le viti col tabacco, ma la nuova produzione ha funzionato fino al crollo dell’Unione nel 91, quando è venuta a mancare la domanda interna dell’Urss. Siamo passati in un solo secolo, dal controllo comunitario dei boschi di prima della rivoluzione, alla gestione collettiva del periodo sovietico, all’attuale e incerto sistema di transizione. Stiamo guadando il fiume, stiamo cercando noi stessi.”
Alla ricerca dell’identità perduta, dunque: ormai, chi viveva prima della rivoluzione e avrebbe potuto riallacciare il filo tra passato e presente non c’è più.
Come sempre, si parla di uso sostenible delle risorse (è Zitta ad organizzare i seminari per le comunità locali), di cambiamento del clima e del suo impatto sulla vita di chi produce cibo. Quali sono le ragioni dell’insolita moria di api? Il clima, oppure gli ogm incontrollati?
Un altro partecipante racconta: “Le varietà tradizionali di cipolle, patate e aglio, selezionate dai contadini nel corso dei secoli, a causa del clima non sono più quelle di un tempo: la patata è meno buona, le cipolle più piccole e l’aglio meno saportio. E come ingredienti dei piatti tradizionali non funzionano più!” Ci spiega poi Azer: “Per affrontare il nuovo clima, gli imprenditori di Baku vorrebbero venderci gli ibridi, che non risolverebbero il problema della qualità e del sapore e ne porterebbero altri. Noi, invece, proponiamo lo scambio delle varietà autoctone tra le nazioni. In Perù, per esempio, potremmo recuperare le varietà indigene più adatte al clima attuale di casa nostra.” E Lilia conclude:
“È l’intuito dei contadini azeri a parlare. Ma è quanto sostiene lo stesso mondo scientifico che già descrive questa soluzione come una delle più efficaci per affrontare il problema.”
Lilia ci spiega quali sono i passi concreti della comunità di Sis da qui al futuro prossimo. “Individuare con Terra Madre alcuni presidi alimentari che possano interessare il mercato fuori dai confini nazionali.” Sarà il succo di melograno ad essere eletto? O una spezia al sapor di limone? Personalmente, propendo per quest’ultima, che ho trovato squisita e usabilissima sulla carne e nei sughi.
Il piatto delle cerimonie
Per il pranzo all’ombra di noccioli, cucinato dalle donne di famiglia, assaggiamo il plov, il succulento piatto nazionale composto da riso pilaf con uvetta secca, carne di capra, castagne e prugne cotte nel grasso ricavato dalla coda a paletta dell’ovino locale; un fresco dissetante a base di mazonis, la tipica bevanda fermentata caucasica prodotta con latte di vacca, qui diluita e insaporita con erbe aromatiche; una ricotta salata insaporita da erbe di montagna.
Bungalow azeri
Per risparmiare tempo e cominciare presto la campionatura che si svolgerà l’indomani, non torniamo a Baku e dormiamo in un resort di bungalow essenziali ma puliti, che raggiungiamo al buio dopo un percorso accidentato che a un certo punto sospettiamo non debba portare da nessuna parte. L’indomani, però, apriamo gli occhi davanti a un magnifico panorama montano. Siamo a 1000 metri di altezza e stanotte abbiamo avuto perfino fresco.