Basta uno sputo

Mentre aspettiamo notizie, mi sono informata su come si fanno i prelievi di DNA dalla saliva. È molto semplice: chiunque può imparare. Ci sono dei kit già pronti, che contengono un tubetto che raccoglie la saliva e il necessario per la conservazione e la stabilizzazione del campione.

Ecco le istruzioni:

1. Sputare dento il tubetto atraverso l’imbuto.

2. Chiudere bene, facendo pressione sul tappo dell’imbuto finché non si sente uno scatto: a questo puntto viene liberato un liquido, contenuto nell’imbuto, che conserverà la saliva fino a destinazione nel laboratorio.

3. Svitare il tubetto dall’imbuto.

4. Chiudere con il tappo a disposizione.

5. Agitare bene.

Sul sito c’è anche un video così è più facile. Cinque minuti in tutto, al massimo. Allora siete pronti per campionare DNA?

Sì, ma poi naturalmente bisogna analizzare i campioni e capirci qualcosa. Qui servono i biologi. Abbiamo chiesto a Emmanouil Athanasakis, biotecnologo medico, detto Manolis, del laboratorio di Genetica Medica dell’IRCCS Burlo di Trieste, diretto da Paolo Gasparini, come viene svolto il lavoro. Insieme a Anna Morgan, dello stesso laboratorio, si occupa della prima estrazione del DNA.

“I campioni che arrivano qui al Burlo sono saliva in una soluzione di conservazione. Da ogni campione si prende un’aliquota di saliva e da qui viene estratto iL DNA. Il resto del campione viene conservato a -20°C per future analisi”

Come si fa a estrarre il DNA?

“Si lisano le cellule contenute nella saliva…”

Cioè si sciolgono?

“No, si rompono, le cellule si devono spaccare per fare uscire il DNA. Dopo si precipita il DNA, si fanno dei lavaggi così da eliminare tutti i residui cellulari, tutta la parte inutile, proteine delle membrane cellulari, polisaccaridi, i vari sali contenuti nella saliva e così via. Il DNA precipitato e lavato, si risospende in un volume utile così da avere una concentrazione da poterlo utilizzare per le varie analisi.”

E poi?

“Il DNA recuperato dalla saliva viene messo in apposite provette e archiviato in una biobanca. Su ogni provetta c’è un un codice cifrato associato al codice dell’individuo: per questioni di privacy tutti i DNA che riceviamo vanno codificati e tutti i dati depositati in una biobanca.”

Quindi nessuno può accederci senza una precisa autorizzazione? Sono dati protetti?

“Sì, è tutto protetto, sia il DNA che i dati. Che ovviamente sono in due posti diversi. Se uno dovesse accedere al luogo dove è conservato il DNA, a parte che non riesce a capire a chi appartiene perché è codificato, ma poi, in ogni caso, non potrebbe accedere alla banca dati che è tutto in un altro posto, con password e così via.”

Mi pare giusto… Una delle caratteristiche di questo progetto è proprio il coinvolgimento diretto di tutte le popolazioni che si intendono campionare. Le comunità, attraverso la mediazione di Terra Madre, sono state integrate nel progetto fin dal 2008, in occasione dell’incontro biennale che si svolge a Torino tra tutti i delegati delle comunità, e hanno dato fin dall’inizio la loro disponibilità entusiastica. E si vede da come i nostri viaggiatori sono accolti in tutti i posti in cui vanno. Non solo vengono invitati nelle case e vengono loro offerti cibi sopraffini, ma trovano la massima collaborazione anche per il lavoro scientifico. Sanno che questi dati non verranno utilizzati per scopi che loro non condividono o per brevettare chissà che cosa…

“Noi facciamo tutto secondo le regole,” conferma Manolis.

E dopo l’estrazione e l’archiviazione, che cosa capita?

“Un’aliquota del DNA ottenuto viene processato con uno strumento che si chiama VeraCode in collaborazione con il Consorzio di Biomedicina molecolare-CBM. Questo inizierà la prossima settimana. Per avere la certezza che il dato ottenuto sia proprio quello, saranno fatte ulteriori verifiche rianalizzando i campioni interessati con altre metodiche, in modo da garantire i nostri risultati. I dati ottenuti saranno infine analizzati dai bioinformatici, come Pio D’Adamo.

“Poi tutti i dati verranno ripresi per essere confrontati con le schede anamnesiche, i test dell’udito, del colore e del gusto… Si potranno così fare le associazioni genetiche con il fenotipo. Entro fine settembre la prima parte, quella molecolare, sarà completata.”

Simona Cerrato

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