A due passi dall’Afghanistan, immersi in una strana cipria

Dushanbe è immersa in una strana nebbia: è smog? Sabbia del deserto? Nebbia? Sapremo poi che è proprio polvere sollevata da tempeste di vento, provenienti dall’Afghanistan. Qui a Dushanbe quando si verifica questo fenomeno atmosferico scherzano dicendo che le donne afgane stanno sbattendo i tappeti!
Per giunta, pare che forti piogge abbiano interrotto la strada che avremmo dovuto percorrere per Kalayhum, la nostra tappa intermedia per Khorog, punto di partenza per le famose valli del Pamir. Ne prendiamo una alternativa e sobbalziamo per tre ore su un fondo pietroso e sconnesso, senza nemmeno avere la soddisfazione di guardarci intorno. La cipria copre qualunque cosa e si infila dappertutto. La strada è “in via di sviluppo”, prima ad opera di iraniani e ora di cinesi. Avanziamo così lentamente che, a un certo punto, siamo perfino indecisi se proseguire: se il ritmo restasse questo non sarebbero sette ore di viaggio ma venti. Per fortuna un consiglio di guerra indetto lì per lì con la scusa di un pranzo anticipato ci fa tornare l’ottimismo e votiamo tutti per proseguire. In effetti, ci metteremo solo 12 ore. Ma in un paio di auto si canta e si balla per ammazzare il tempo.

Quello che intuiamo lungo il percorso a ostacoli, però, è molto interessante. A un certo punto, cominciamo a costeggiare il fiume Panj, lo stesso che poi diventa Amu Darja, quello che abbiamo oltrepassato a piedi sul ponte di barche in Turkmenistan, e che muore nel lago Aral. Per tutti noi, però, la cosa più impressionante è che dall’altra parte del fiume, a meno di 200 metri di distanza, tra la polvere intuiamo l’Afghanistan. Speriamo domani di poter vedere di più.
Proseguiamo attraversando alcuni interminabili tunnel infernali al buio pesto e più o meno una decina di controlli della polizia (dal Tajikistan passa la maggior parte dell’eroina del mondo). Credo che gli autisti non ce la dicano tutta sui tempi di percorrenza dei vari tratti, forse temono di scoraggiarci… La luna quasi piena sorge dietro le montagne striate, imponenti, grigie. Nonostante la strada sconnessa, corriamo: il timore è di farci sorprendere dalla notte e fare pezzi di strada alla cieca o quasi a precipizio sul fiume. Impossibile o quasi fermarsi per filmare e fare foto, accidenti! L’ultimo tratto, comunque, lo facciamo al buio… Per fortuna le curve a precipizio sul fiume sono passate. Arriviamo a Kalayhum stracotti e col sedere piatto in una guest house accogliente ma essenzialissima e crolliamo. Non tutti abbiamo superato indenni la prima parte della traversata.

Daniela Rocco

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