Il genetista sulla Via della Seta
Il deserto
Quando telefono a Paolo Gasparini, responsabile scientifico del progetto, la comitiva è in viaggio da circa tre ore da Ashgabat a Merv in Uzbekisan. Intorno a loro c’è solo sabbia, deserto. Qua e là si vedono delle specie di montagnole: sono i resti di antiche torri di guardia che, dislocate a una certa distanza l’una dall’altra lungo l’antica Via della Seta, servivano per comunicare alle carovane l’eventuale presenza di predoni, con degli specchi di giorno con i fuochi di notte. Così adesso potrebbero avvertire che stanno arrivando i nostri scienziati!
“Siamo sgrullati su una strada di merda in mezzo al deserto!” esordisce Paolo Gasparini, evidentemente meno impressionato di me dal fascino della Via della Seta. Posso scriverlo? Chiedo. “Sì, — ride. — Magari smorza i toni ma la sostanza è quella…” Io, come vedete, non ho smorzato i toni!
“Siamo in mezzo a un deserto dove non c’è nulla, e fuori dal pullman ci saranno 45°… con vento”
“Ma voi avete l’aria condizionata…”
“Sì, per fortuna abbiamo l’aria condizionata.”
“E quindi siete felici?” chiedo un po’ scherzosamente.
“Sì, siamo molto felici.” Lui, invece, risponde seriamente.
I campionamenti
“Facciamo un resoconto della situazione… raccontami il tuo punto di vista di scienziato su queste prime settimane sulla Via della Seta.”
“È andato sicuramente molto bene in Georgia e Azerbaijan. Tutti i dati chimici, epidemiologici e relativi ai test di Georgia e Azerbaijan sono stati digitalizzati e inseriti nel database, che trasferiremo in Italia credo stasera, perché le comunicazioni dal Turkmenistan non sono molto efficienti. Da questo punto di vista siamo molto soddisfatti. In Turkmenistan abbiamo avuto modo, soprattutto la parte media, di fare riprese di cibi, tradizioni e via dicendo. Noi scienziati non abbiamo potuto fare un granché perché il governo non ci ha dato l’autorizzazione a fare i campionamenti, essendo noi stranieri. Tuttavia abbiamo incontrato più volte i rappresentanti di Terra Madre e Slow Food: li abbiamo addestrati e abbiamo lasciato tutto l’occorrente necessario. Quindi saranno loro a fare i campioni al posto nostro, perché è tecnicamente più semplice. E quindi, tutto sommato, siamo soddisfatti anche del lavoro fatto in Turkmenistan. Rimane il problema di come fare arrivare le provette in Italia, ma lo risolveremo.”
“Non ti preoccupare: troverai sicuramente dei volontari per andare a prenderli! Io mi candido subito…”
“Questa è un’ipotesi reale… si viene qui tre giorni e si ritorna con le provette nel proprio bagaglio… Il Turkmenistan è un paese molto strano per certi aspetti. Molto affascinante, ma con aspetto peculiari che magari facciamo fatica a capire subito. Estremamente complesso. Il deserto ha il suo fascino, i villaggi con i cammelli e le iurte… E Ashgabat è una città particolare: una città fatta di palazzi monumentali tutti bianchi ricoperti di marmo. È una città bianca, estesissima. Con sue regole. L’altro giorno siamo andati a vedere Nissa, che è la capitale dei Parti, un posto molto interessante, e al ritorno siamo stati fermi un’ora perché, abbiamo scoperto dopo, quando il presidente torna a casa tutte le arterie principali della città vengono bloccate in modo che lui possa fare il percorso che desidera senza essere disturbato! Sono comunque molto ospitali…”
Di nuovo il deserto
“In questo momento mentre ti sto parlando siamo nel bel mezzo di una tempesta di sabbia… non si vede nulla: sembra di essere nella nebbia.”
“Bellissimo: mandate delle foto!”
“Dal punto di vista scientifico rispetto alle aspettative che considerazioni puoi fare…”
Bisogna adattarsi
“La principale differenza è che abbiamo dovuto adattarci a delle realtà locali che erano ben diverse da quelle previste. Per esempio, noi pensavamo che avremmo fatto quasi tutto il lavoro di campionatura all’interno di edifici in muratura, indifferente che cosa: la casa di uno, il comune, la casa del popolo o quant’altro. Invece abbiamo avuto al massimo una o due stanze, e abbiamo campionato nei frutteti, negli orti, vicino alle stalle… Quindi abbiamo dovuto adattarci per campionare all’aria aperta, all’ombra di peri, di meli con i vitelli accanto… e questo ci ha costretto a un’organizzazione diversa da quanto avevamo pianificato. Detto questo, direi che le cose sono andate bene, forse si poteva sperare di avere qualche campione in più, ma abbiamo comunque 230 campioni tra Georgia e Azerbaijan. Siamo soddisfatti.
Dal Turkmenistan dovrebbero arrivare un centinaio di campioni… quindi tutto bene.”
“Da Trieste avete già qualche informazione o dei dati sul DNA?”
“Sono arrivate le provette e stanno estraendo il DNA e i dati dovrebbero essere pronti per la prossima settimana o quella seguente.”
“E dal punto di vista fisico, come sopportate questo viaggio?”
“Qualcuno ha avuto un po’ di mal di pancia, ma sono stai piccoli episodi, una questione di 24 ore ed è passato… la stanchezza, sì. Quando siamo arrivati ad Ashgabat eravamo veramente esausti, perché abbiamo tenuto un ritmo di campionatura molto molto pesante. E da domani siamo in Uzbekistan e vediamo che cosa succederà.”
Simona Cerrato