Ieri a Tbilisi

Ieri a Tbilisi, prima cena rustica e deliziosa: melanzane in salsa di noci (badrijani), la famosa torta georgiana al formaggio (katchapuri) e fagottoni succulenti di pasta ripieni di carne (mai dire che somigliano ai russi bliny perché i georgiani se ne avebbero a male e, in effetti, i loro sono molto meglio).

Stamane alle 11.00, nel quartiere ottocentesco e bellissimo, c’è stato il primo convivio che i responsabili georgiani di Terra Madre, in collaborazione con MarcoPolo2010, hanno organizzato in un bell’edificio dedicato all’Europa, in piazza della Libertà (ex Piazza Lenin) che al posto della statua di Lenin oggi mostra San Giorgio e il drago.

Così, nel corso degli interventi multidisciplinari della mattinata, comprendiamo che in una Georgia che rivendica la ritrovata libertà con orgoglio e ottimismo per il futuro, TerraMadre sta facendo da efficace catalizzatore di energie e progetti per un futuro sostenibile del paese: campagne di sensibilizzazione ed esperimenti di razionalizzazione su raccolta differenziata, riciclaggio dei rifiuti, compostaggio, ecoturismo, con l’obiettivo di valorizzare e mettere in luce le specificità agroalimentari. Parlo con Costanino, georgiano “da manuale”, cioè cordiale e aperto. Ha imparato la nostra lingua durante la guerra dei primi anni 90, quando si rifugiò per tre anni in Italia e “bighellonò” tra nord e sud… Intraprendente e pieno di speranze, visioni e voglia di futuro, ma anche disincantato per i tempi lunghi del cambiamento (non quello economico-sociale che in effetti galoppa, ma quello di un rapporto più sano dei georgiani con l’ambiente). “Parole, parole, tante parole… – mi dice impaziente e sconsolato di fronte alle slide sui numeri degli esperimenti di sensibilizzazione sull’agricoltura ecologica – ma quando è che le cose cambiaranno davvero? “I tempi del cambiamento profondo e duraturo sono stati e sono ancora lunghi pure da noi – gli dico. – E passare attraverso le parole è indispensabile: sono queste che ci aiutano a vedere e a fare le cose diversamente. Solo descrivendo con maggior precisione gli effetti a breve e a lunga scadenza di ciò che facciamo (da come produciamo, consumiamo, scartiamo e smaltiamo il cibo, a come facciamo tutto il resto) a farci capire davvero come tanno le cose, a convincerci che cambiare rotta è indispensabile, e che non è affatto fuori dalla nostra portata. E per questo, fino a prova contraria, le parole servono.” Chissà se Costantino si è convinto…
A mezza mattina, tramite pennareli odorosi, sacchetti ripieni di cibo da toccare e sequenze di colori per misurare la percezione delle sfumature, TerraMadre e i miei compagni di viaggio genetisti propongono i test di educazione sensoriale. Perché la capacità di utilizzare suolo, acqua ed energia in modo sostenibile e di salvaguardare la diversità biologica e culturale passano anche di qui: dall’educazione del gusto, che è anche conoscenza e valorizzazione delle varietà alimentari. Se non imparassimo a conoscerle e a goderne, se non sapessimo perchè e per come le varietà sono una vera e propria assicurazione, non ci sembrerebbe poi così grave perderle per sempre. O forse non ce ne accorgeremmo nemmeno.

Tra il coffe-break e il pranzo, abbiamo modo di assaggiare specialità tipiche e vino e assistere al rito entusiastico del famoso brindisi georgiano di Simone, produttorre di pesche e di vino, ma anche, e forse prima di tutto, cerimoniere ufficiale di l’accoglienza per ospiti e visitatori di ogni dove… Nel 2008, fece parte della delgazione georgiana a TerraMadre, brindò e cantò con Carlin Petrini… Oggi, ci augura e si augura con travolgente trasporto un’amicizia proficua e duratura tra i nostri paesi. Forse ci reincontreemo a Torino, all’edizione 2010 di TerraMadre. O forse prima, dal momento che casa sua è proprio sulla strada che alcuni di noi faranno domani per raggiungere la prima comunità, e non so se resisteranno al suo invito.

Daniela

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