Ai margini della Patagonia

La mattina siamo ospiti della Base Navale Belgrano, la più grande base navale militare di tutta l’America del Sud. Questo posto è importante perché Darwin venne qui e qui trovò i fossili di gliptodonte, megaterio (tanto desiderato perché l’unico esemplare in Europa era in Spagna e quindi il re dell’Inghilterra non poteva vederlo!). Ora il luogo è completamente trasformato dai tempi di Darwin. Le formazioni geologiche da cui sono stati estratti i prezioni fossili non ci sono più. Sono state usate come materiale da costruzione per gli edifici della Base. A Teresa, la nostra amica paleontologa, piange il cuore e vorrebbe tanto che le venisse permesso di riprendere gli scavi per approfondire la storia della vita su questa porzione di Terra.

Dal punto più alto della zona, che per questo si chiama Punta Alta, dove si trova il Museo navale, c’è una sorgente da cui sgorga acqua calda a 70°. Un grande reservoire raccoglie il getto della sorgente che poi in parte fluisce giù per il pendio erboso. Naturalmente viene spontanea la domanda del perché qui, vicino al mare, ci sia questa acqua così calda. “Secondo me – dice Kika – è perché l’acqua viene da molto profondo ed essendo più vicino al centro della Terra allora è più calda…”

“È proprio così – conferma Marco. – Ogni 100 metri di profondità la temperatura aumenta di 3 gradi in media, e in alcune zone anche di più.”

Riprendiamo il cammino e di nuovo ci aspetta un lungo tragitto, circa 600 chilometri fino a Villa El Chocon nella zona di Neuquén. Di nuovo sconfinate distese di erba secca con rari abitati che spuntano più o meno dal nulla. Poi di nuovo la distesa interminabile. In Europa non siamo abituati a questi spazi, il mare è l’unica distesa così ampia e sconfinata. Il resto del paesaggio è sempre variato e interrotto da nuovi elementi naturali o antropici. Qui stiamo attraversando un mare di terra. Cespugli ispidi e tozzi ricoprono la terra sabbiosa e si abbarbicano con forza per non farsi portare via dal vento che non smette mai di soffiare. Alcuni sono fioriti di un giallo intenso. Ma il colore dominante è un marrone secco.

A un certo punto un’esclamazione attira l’attenzione di tutti. In lontananza di vedono degli alberi! La linea uniforme dell’orizzonte viene interrotta per un momento. È l’alta valle del Rio Negro. Tutto il resto però rimane uniforme come per le centinaia di chilometri che abbiamo dietro di noi.

La strada, inaspettatamente, a un certo punto va in discesa e fa una curva. Riusciamo a vedere ancora più lontano. E laggiù, proprio davanti a noi, sembra di avvistare un incendio. Sono invece le ceneri del vulcano cileno Puyehue che ha eruttato due mesi fa e viaggiano ancora nel cielo che di conseguenza non è limpido come normalmente è da queste parti. Il vento poi alza le ceneri che si sono già depositate e forma delle grandi nebbie che ora prendono il colore del Sole al tramonto.

3 thoughts on “Ai margini della Patagonia

  1. E’ molto interessante e spiegato in modo chiaro comprensibile a tutti. Complimenti! Io sono la prozia di Pietro e vi seguo sempre. E’ un’esperienza meravigliosa. Buon proseguimento.

  2. Ammiro le vostre scoperte,apprezzo i vostri esperimenti,non invidio il sole,il vento e gli spazi desolati…….Auguro a tutti un allegro capodanno e un fortunatissimo 2012.

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