Sequenziato il DNA del macaco rhesus: un'opportunità per la ricerca biomedica e la biologia evoluzionista
Il macaco rhesus è diventato il terzo primate ad avere il genoma completamente sequenziato, unendosi a umani e scimpanzè.
Il nuovo genoma completato, dà ai biologi una migliore comprensione di un organismo cruciale per la ricerca biomedica. Inoltre, offre ai biologi evoluzionisti una posizione vantaggiosa dalla quale studiare le variazioni genetiche che hanno portato gli ominidi acestrali a trasformarsi in queste inusuali scimmiette.
Un consorzio internazionale di più di 170 scienziati e 35 istituzioni hanno sequenziato l’intero genoma di una femmina di macaco che vive al centro di ricerca di San Antonio in Texas, negli USA.
Dei circa 3 miliardi di paia di basi di cui è composto il DNA del macaco, il 93,5% è identico a quello trovato nel genoma umano, come atteso per una specie che si è separata dalla linea umana circa 25 milioni di anni fa. Confrontando umani e scimpanzè, che si sono separati sei milioni di anni fa’, la percentuale d’identità è del 98%.
Il macaco rhesus è di già un valido organismo di studio per la ricerca biomedica, compresi i test farmacologici e lavori sulle malattie infettive come l’HIV e l’influenza. Con il genoma in mano, i biologi dovrebbero ora essere in grado di perfezionare i loro esperimenti focalizzandosi sul comportamento di alcuni tratti genetici negli animali, così da racimolare più informazioni provenienti da un minor numero di animali, ha detto Richard Gibbs, un genetista del Baylor College of Medicine di Houston, in Texas, che ha diretto il consorzio di sequenziamento del macaco.
Avere tre genomi di tre specie di primati così vicini dal punto di vista filogenetico, dà ai biologi un ascendente maggiore nel capire l’evoluzione dei primati. In precedenza, se la versione umana e dello scimpanzè di uno stesso gene differiva, non c’era modo di capire quale dei due era stato modificato dalla versione ancestrale.
Ora i biologi possono guardare alla versione del macaco per risolvere l’incertezza. “Possiamo dare un’occhiata imparziale a ciò che ci dice il genoma su ciò che è stato necessario cambiare” ha affermato David Haussler all’University of California di Santa Cruz, negli Stati Uniti.
Da una ricerca su tutto il genoma, è venuto fuori che sono più di 200 i geni che sembrano essersi evoluti per selezione naturale, da quando le stirpi dei macachi e degli umani-scimpanzè si sono separate. Dal momento che questi geni rappresentano la leva su cui l’evoluzione ha portato gli umani a differire dai macachi, i ricercatori vogliono osservarli più da vicino per cercare di capire l’evoluzione dei moderni esseri umani.
La lista dei geni identificati fino ad ora comprende i geni per la struttura dei peli, per la risposta immunitaria, la comunicazione intercellulare e la fusione spermatozoo-uovo, ma non, apparentemente per la grandezza del cervello.
Una scoperta sconcertante è quella che diverse mutazioni che causano malattie negli esseri umani, come la fenilchetonuria e la sindrome di Sanfilippo che portano al ritardo mentale, sono la forma normale nei macachi e, presumibilmente, il nostro antenato lontano. “Come fanno dei geni che sembrano normali in una specie provocare malattie in un’altra così vicina?” si chiede Gibbs.
Questo equilibrio genetico così delicato potrebbe essere un buon posto dove guardare per cercare i passi chiave nell’evoluzione della moderna specie umana. Alcuni casi di ritardo mentale, ha ipotizzato Gibbs, potrebbero perfino risultare da mutazioni che riportano un gene chiave nella sua condizione ancestrale.
Journal reference: Science (vol 316, p 222)
Bob Holmes
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