L’espansione dei ghiacci, il raffreddamento globale e i cambiamenti nelle precipitazioni causati dalle oscillazioni del nostro pianeta sarebbero alla base della scomparsa di alcune specie ogni due milioni e mezzo di anni
Potrebbero essere le oscillazioni dell'asse terrestre ad aver provocato la sconcertante regolarità documentata dai fossili con cui si sono susseguite, nella storia della vita sul nostro pianeta, le estinzioni e la comparsa di nuove specie di mammiferi.
Una ricerca di paleontologi e geologi olandesi, spagnoli, francesi e tedeschi pubblicata da “Nature” (vol. 443, pp. 687-691) ha esaminato i dati relativi ai fossili che coprono un periodo di tempo di 22 milioni di anni. I ricercatori hanno trovato una corrispondenza chiara tra i momenti massimi di turnover delle specie mammiferi (cioè di estinzione e sostituzione di specie con altre) e i mutamenti nell'orbita terrestre in grado di provocare un raffreddamento globale del pianeta.
Nel dettaglio, il gruppo internazionale guidato da Jan van Dam dell'Università di Utrecht (Olanda) hanno studiato i fossili di roditori scoperti in Spagna e l’oscillazione nell’estinzione e nella comparsa di nuove specie di questi animali. Secondo i ricercatori, il tasso di turnover delle specie mostra un complesso passaggio che consiste in due differenti cicli: uno più lungo, che ha il suo picco ogni 2 milioni e mezzo di anni circa, e uno più corto che ha il suo picco ogni milione di anni circa.
In base a quanto pubblicato su “Nature”, questi due picchi sono quasi perfettamente sovrapponibili alle oscillazioni del nostro pianeta nella sua orbita: la Terra infatti ha un'orbita quasi circolare ogni 2 milioni e mezzo di anni, mentre ogni milione di anni il nostro pianeta ha il suo momento di massima inclinazione sul suo asse. Ambedue i processi provocano un’espansione dei ghiacci nei due emisferi, un raffreddamento globale e mutamenti significativi nel regime delle precipitazioni. Secondo i ricercatori, questo spiegherebbe perché le specie dei mammiferi sembrano sopravvivere mediamente 2 milioni e mezzo di anni prima di essere cancellate dalla faccia del pianeta.
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