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Il riscaldamento globale influisce sugli uragani

Tra tutti i fattori che concorrono al fenomeno quello umano è il più importante

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Il riscaldamento globale sarebbe la causa della metà dell’aumento della temperatura delle acque dell'Atlantico nel 2005. Un fenomeno, quest’ultimo, che ha a sua volta causato una stagione degli uragani particolarmente intensa. Sono queste le conclusioni di uno studio pubblicato sull'ultimo numero della rivista “Geophysical Research Letters” (33, L12704 ) da Kevin Trenberth e Dennis Shea del National Center for Atmospheric Research (NCAR) di Boulder in Colorado. "L'influenza del riscaldamento globale è tale da determinare il rischio di un futuro rafforzamento dell'attività degli uragani", scrivono i ricercatori.

Lo studio si inserisce in un dibattito che si è fatto più aspro dopo la terribile stagione americana degli uragani del 2005. Il problema è se questa stagione, con i suoi fenomeni così estremi, possa essere inserita all'interno della normale variabilità degli uragani o sia stata in un certo senso "speciale". In questo ultimo caso, l'ipotesi suggerisce anche che man mano che le temperature aumenteranno, anche l'intensità e il numero degli uragani cresceranno. La ricerca di Trenberth e Shea si è focalizzata sull'aumento delle temperature oceaniche, cercando di capire se il record di riscaldamento fatto segnare nel 2005 sia dovuto a un ciclo naturale (soprattutto il cosidetto AMO, Atlantic multidecadal oscillation) o sia stato causato dal riscaldamento globale.

Secondo i calcoli dei due ricercatori, i cambiamenti climatici possono spiegare circa 0,4 gradi di aumento della temperatura rispetto al totale di 0,9 gradi registrato. Cioè circa la metà. Il resto dipende per 0,1 gradi dal ciclo di temperatura delle acque atlantiche AMO, per 0,2 gradi dagli effetti di El Niño che si è sviluppato tra il 2004 e il 2005. La piccola percentuale rimanente proverrebbe da normali variazioni casuali della temperatura. L'ipotesi dunque che a causare l'aumento di intensità degli uragani sia soprattutto l'oscillazione atlantica non sembra essere sostenuta dai dati. Anzi i ricercatori sottolineano che a partire dagli anni Cinquanta l'AMO si è notevolmente indebolita.

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