Il riscaldamento globale ha aumentato la portata dei fiumi che sfociano nell'Oceano Artico.
L'effetto combinato del riscaldamento globale, delle maggiori precipitazioni nevose e dello scioglimento del permafrost (il terreno perennemente ghiacciato) ha fatto aumentare la portata dei fiumi siberiani. In una comunicazione fatta alla conferenza della European Geosciences Union in corso a Vienna ricercatori russi e americani coordinati da Jessie Cherry dell'Università dell'Alaska di Fairbanks spiegano che uno dei fiumi siberiani più lunghi, la Lena, ha portato negli ultimi sessanta anni il 10% di acqua dolce in più nell'Oceano Artico.
Il team ha scoperto inoltre che il livello medio delle nevi è raddoppiato dai 22 centimetri del 1940 ai 44 di oggi, favorendo così l'aumento della portata del fiume, nonostante in media le estati siano diventate più secche. Altri progetti di ricerca hanno valutato prima di questo la portata dei fiumi ed erano giunti a conclusioni simili: ad esempio si sapeva che i sei maggiori fiumi che sboccano nell'Oceano Artico hanno aumentato la loro portata del 7% tra il 1936 e il 1999.
Ma questo studio è il primo a tenere conto dell'intero ciclo idrologico. Sicuramente lo scioglimento delle nevi più pronunciato in primavera è uno dei fattori che determina l'aumento della portata, ma ci sono altri elementi che entrano a far parte dell'equazione. In particolare, mentre i giorni delle estati siberiane sono leggermente più freddi, le notti diventano più calde, permettendo a maggiori quantità di permafrost di sciogliersi, cosa che aumenta l'afflusso di acqua ai fiumi. Fino a oggi questo scioglimento era stato osservato nelle regioni più meridionali, ma oggi sembra salire alle latitudini più settentrionali.
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