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Arriva il pesce pipistrello a salvare la Grande Barriera corallina

I tanti pesci erbivori che normalmente popolano la barriera non bastano. Solo il raro pesce pipistrello riesce in poche ore a distruggere le alghe che hanno invaso la barriera soffocando la crescita dei coralli. Dopo la scomparsa dalla zona dei dugonghi e delle tartarughe verdi, i pesci pipistrello rimangono l’unica risorsa

Pesce pipistrello (Platax pinnatus) nella Grande Barriera corallina (Australia)

Gli scienziati della James Cook University di Queensland (Australia) sostengono che un pesce raro potrebbe rappresentare l’inaspettata soluzione al problema del recupero della barriera corallina danneggiata dalla pesca eccessiva.

Il gruppo ha simulato una situazione di pesca eccessiva che interessa ampie aree della Grande Barriera corallina mettendo sulla barriera delle gabbie cubiche di 5 metri di lato e maglie strette, impedendo così a tutti i pesci più grandi di 3,5 centimetri di entrarci. In assenza di pesci grandi, le alghe marine sono cresciute troppo, invadendo e soffocando la barriera.

Tre anni dopo le gabbie sono state tolte e gli scienziati hanno filmato il recupero della barriera. Si aspettavano che le alghe sarebbero state mangiate da pesci erbivori ben conosciuti, come i pesci pappagallo e i pesci chirurgo.

Nessuna delle due specie note è stata in grado di intaccare le invadenti alghe. E nemmeno ce l’hanno fatta le altre 41 specie di pesci erbivori trovate nella stessa area. Invece gli scienziati hanno visto comparire il raro pesce pipistrello (Platax pinnatus), che normalmente si nutre di plancton e di invertebrati del fondo marino: con sorpresa di tutti, ha cominciato a mangiare le alghe.

“In cinque giorni il pesce pipistrello aveva dimezzato la quantità di alghe. In oto giorni le alghe erano scomparse e i coralli erano liberi di crescere indisturbati,” ha detto David Bellwood, che ha condotto la ricerca.

Le telecamere sono state testimoni di un’altra sorpresa: hanno osservato fino a tre pesci pipistrello che contemporaneamente si nutrivano nello stesso posto. Normalmente non si trova più di un pesce pipistrello in un’area di 0,6 ettari, in media. Secondo i ricercatori i pesci pipistrello sono stati attratti nel luogo dell’esperimento dall’abbondanza di alghe.

Gli scienziati sono convinti che la scoperta abbia importanti implicazioni per la conservazione della barriera corallina. In particolare “una ricca biodiversità di erbivori potrebbe non fornire la necessaria protezione che ci si aspetterebbe” scrivono su “Current Biology” (vol. 16, p. 2434). Mentre la normale popolazione di erbivori è in grado di mantenere la barriera e impedire che che venga invasa dalle macroalghe, non è più in grado di recuperarla una volta che l’invasione è avvenuta.

I ricercatori hanno anche osservato che i censimenti che mettono in relazione lo stato di salute della barriera corallina con la presenza di vari specie di pesci rischiano di ignorare alcuni gruppi funzionali latenti, che possono avere un ruolo determinante nella vita della barriera, sebbene solo in situazioni eccezionali.

“Quindi i programmi di monitoraggio non riuscirebbero a scoprire i cambiamenti o il degrado di questo gruppo funzionale decisivo,” avvertono i ricercatori. I pesci pipistrello sono vulnerabili a causa delle loro grandi dimensioni che li rendono interessanti per la pesca con l’arpione e perché i piccoli dipendono per la sussistenza dalle mangrovie che sono in diminuzione in molte aree.

Oggi sono una delle ultime specie in grado di invertire il destino fatale delle barriere coralline che sono state danneggiate dalla pesca eccessiva. Attualmente la barriera ha già perso due dei principali mangiatori di alghe, i dugonghi e le tartarughe verdi.

“Se Platax pinnatus è l’ultima specie che si nutre nei densi pascoli di alghe vicini alla costa e se questa specie diminuisce, potrebbe andare perduta per sempre la capacità di recupero della barriera,” conclude Bellwood.

Catherine Brahic

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