In uno studio pubblicato su “Nature” un gruppo di scienziati tedeschi spiega come alcuni organismi unicellulari possano contribuire a limitare le emissioni di metano.
Forse per poter rispettare il Protocollo di Kyoto l’uomo dovrà farsi aiutare da alcuni tra gli organismi più semplici che esistono in natura, i batteri. In un articolo apparso sull’ultimo numero di “Nature” (Vol. 443, No. 7113) alcuni ricercatori spiegano come l’attività di questi organismi unicellulari potrebbe aiutare a rallentare i cambiamenti climatici. Alcuni tipi particolari di microbi infatti degradano il metano prodotto dell’attività eruttiva dei vulcani sottomarini e contribuiscono quindi a limitarne la quantità presente negli oceani.
Antje Boetius e suoi colleghi del Max Planck Institute per la Microbiologia Marina di Brema in Germania hanno studiato l’Haakon Mosby Mud, un vulcano attivo situato a sud di Spitsbergen nel Mar Baltico tra la Norvegia e la Groenlandia. In questo sito gli scienziati hanno scoperto tre importanti comunità di microbi “golosi” di metano. Il primo gruppo, scoperto recentemente, appartiene alla famiglia degli archeobatteri, organismi procarioti, probabilmente i primi a evolversi circa 3,5 miliardi di anni fa, e capaci di sopravvivere in condizioni estreme (temperature elevate, salinità, presenza di gas come il metano ecc.). Il secondo è formato da batteri che distruggono il metano utilizzando l’ossigeno. Il terzo gruppo è formato da altri archeobatteri che distruggono il metano anaerobicamente per mezzo dei solfati. Il flusso di fluidi privi di solfati e di ossigeno che si dirige verso la superficie marina proveniente dal vulcano delimita l’habitat di questi organismi.
Esistono anche altre specie di metanogeni che abitano gli ambienti privi di ossigeno: per esempio quelli presenti all'interno del tratto intestinale degli animali, dove giocano un importante ruolo nella nutrizione del bestiame, delle termiti e di altri animali erbivori, la cui dieta è costituita soprattutto da cellulosa.
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