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Coralli sbiancati possono sopravvivere

Ma solo alcune specie dimostrano di poter superare lo shock dovuto al riscaldamento eccessivo delle acque in cui vivono.

Anche se sbiancano i coralli possono sopravvivere. Lo dimostra uno studio pubblicato su "Nature" (vol.440 n. 7088), che prende le mosse dal riscaldamento delle acque oceaniche e dai rischi che questo fenomeno porta alle barriere coralline. Secondo i dati, i cambiamenti climatici potrebbero uccidere fino al 60% dei coralli di tutto il mondo entro pochi decenni. Ma le analisi di Andrea Grottoli della Ohio State University evidenziano invece come alcune specie di coralli possono essere dotate di un meccanismo di protezione che permette loro di sopravvivere allo sbiancamento.

I coralli sono responsabili della produzione di gran parte delle rocce sulle quali si stabiliscono poi le comunità di organismi viventi delle barriere coralline. Traggono il loro nutrimento grazie alle alghe che vivono in simbiosi con loro, e sono le alghe a dare loro i colori che li contraddistinguono. Le alghe però scompaiono quando la temperatura dell'acqua sale, qualche volta in poche settimane, qualche volta in qualche mese.

Andrea Grottoli ha scoperto che certi coralli possono raggiungere con i loro tentacoli le prede a breve distanza, permettendo di mangiare anche senza l'aiuto delle alghe. Probabilmente, basarsi sulle alghe rende i coralli più efficienti, ma in condizioni di difficoltà possono ricorrere a estremi rimedi, riuscendo quindi a sopravvivere ai fenomeni di riscaldamento delle acque. I coralli esaminati sono stati raccolti dalla Kaneohe Bay nelle isole Hawaii e collocati all'interno di un bidone con acqua riscaldata a 30 gradi, invece che a 27 gradi, che è la loro temperatura preferita. Dopo un mese, si sono sbiancati, e sono stati allora riportati in mare per valutare come riuscivano a nutrirsi.

Una volta in mare hanno riguadagnato massa e energia, anche senza le alghe. Il tutto è stato reso possibile dalla loro capacità di catturare lo zooplancton con i tentacoli. Solo una specie però ha manifestato questa capacità, la Montipora capitata. Altre due, Porites compressa e Porites lobata, invece una volta in mare hanno continuato a perdere peso, come se non riuscissero a nutrirsi dello zooplancton e si basassero sulle riserve conservate al loro interno.

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