Rischio e pericolo

Naturalmente i rischi di vivere sotto un vulcano non sono da sottovalutare. Ricordiamo alcune delle eruzioni più famose.

Nel 79 d.C. una grande eruzione del Vesuvio distrusse completamente le città di Pompei, Ercolano e Stabia, e sempre il Vesuvio, nel 1631, uccise ben 4000 persone. Nel 1669 L’Etna, per rimanere in Italia, uccise 20.000 persone e moltissimi animali in una zona vastissima e ricoprì di lava le strade di Catania.

Nel 1783 il monte Skaptar in Islanda, oltre a uccidere un quinto della popolazione, provocò una gravissima carestia, perché modificò il clima impedendo la pesca e i raccolti.

L’eruzione del Tambora, in Indonesia, nel 1815 causò uno tsunami gigantesco che uccise 12.000 persone ed emise nell’atmosfera un’enorme quantità di gas e polveri che modificarono il clima.

L’eruzione del Krakatoa del 1883 fu forse la più violenta della storia dell’umanità, e il rumore si sentì a più di 4000 chilometri di distanza. Dopo l’eruzione, che provocò anche uno tsunami devastante, la montagna non c’era letteralmente più: un’isola intera era stata spazzata via. Morirono circa 36.000 persone, e a causa della polvere che si diffuse nell’atmosfera la luce della Luna cambiò colore per due anni: si vedeva blu e qualche volta verde.

Nel 1902 il Monte Pele sull’isola di Martinica asfissiò la città di Saint-Pierre con emissioni di gas letali uccidendo 29.933 dei 29.937 abitanti: ne sopravvissero soltanto quattro!

Più recentemente, nel 1980, il Monte Saint Helen eruttò uccidendo 57 persone, e i suoi effetti nell’atmosfera si registrarono per anni.

Nel 1991, dopo 600 anni di riposo, il Pinatubo nelle Filippine eruttò uccidendo 750 persone compresi alcuni giornalisti che erano lì ad aspettare l’eruzione che nei giorni precedenti era stata annunciata da inequivocabili sommovimenti.

Malgrado l’indubbio pericolo, i rischi per chi vive sotto il vulcano possono essere ridotti: pericolo e rischio infatti non sono la stessa cosa. La vita di tutti i giorni è piena di cose potenzialmente pericolose: anche l’elettricità che illumina le case e fa funzionare tante cose è pericolosa. Tuttavia il rischio di incidenti è ridotto al minimo perché gli impianti sono costruiti con attenzione, sono installati i salvavita e tutti noi sappiamo prendere le dovute precauzioni.

Nel caso dei vulcani è un po’ la stessa cosa, anche se sono più imprevedibili della corrente elettrica. Per ridurre il rischio dei vulcani, bisogna innanzitutto conoscerli bene, per questo ci sono i vulcanologi e gli osservatori vulcanologici. Gli scienziati studiano i vulcani da vicino con i sofisticati mezzi a disposizione della scienza moderna. Inoltre i vulcani attivi vengono tenuti sotto controllo costantemente, giorno per giorno: si osservano, si registrano rumori e sommovimenti, si misurano eventuali emissioni ecc. In questo modo si pensa di riuscire a prevedere quando il vulcano ha intenzione di saltare per aria.

Naturalmente gli scienziati non bastano: ci vogliono anche dei piani di evacuazione molto precisi e accurati che permettano alle persone, in caso di pericolo, di allontanarsi in tempo e trovare rifugio altrove. Per questo c’è bisogno della collaborazione della Protezione civile, il corpo dello Stato che interviene in caso di emergenze naturali quali inondazioni, grandi incendi, terremoti ecc., delle amministrazioni locali e del governo nazionale.