Martedì 15 e mercoledì 16 luglio
Mamma Etna e i suoi 300 bebé.
Ultimo giorno a Vulcano: mattinata all’ENEL, alla centrale tradizionale, alimentata dal gasolio che arriva con grandi camion trasportati dai traghetti. Qui il problema è che in inverno bisogna produrre energia per circa 450 persone, mentre in estate si arriva alle decine di migliaia, e ovviamente il fabbisogno cresce enormemente.
Dopo pranzo, si parte alla volta della vera Sicilia e dell’Etna, il più grande vulcano d’Europa, un grande massiccio di oltre 3300 metri di altitudine.
All’inizio della traversata il vento è sfavorevole, troppo debole e “di muso”, come dicono Mattia e Carlotta, le persone che formano l’equipaggio dell’Adriatica.
Appena passato lo stretto di Messina, ecco che il vento cresce e si può spegnere il motore e issare il fiocco, che si gonfia subito. Il silenzio della barca che fende il mare e della vela
che raccoglie il vento è molto piacevole… pian piano il Sole cala, e al suo posto spunta la Luna ormai almeno tre quarti, che illumina il mare con la sua luce argentea.
A un certo punto, in distanza, Amrit avvista qualcosa di rossastro che scende da una montagna: “È l’Etna, quella laggiù… e quella allora è la colata!” Sì, si vede proprio la colata, quella dell’eruzione in corso, e che procede ormai da quasi tre mesi. Con il binocolo si vede benissimo e man mano che ci avviciniamo si distinguono anche varie ramificazioni. Ci godiamo lo spettacolo… ma le sorprese non sono ancora finite per questa sera. Mattia, infatti, avvista i delfini: nuotano accanto ad Adriatica tuffandosi proprio nello specchio di mare illuminato dalla Luna.
Corriamo tutti a prua ad ammirare i nostri bellissimi accompagnatori. Speravamo di incontrarli nel nostro viaggio e per fortuna, proprio nell’ultimo tratto di navigazione,
siamo stati accontentati.
Il vento, il cielo terso, la Luna, la vista della colata e l’incontro con i delfini… non si può avere di più in un’unica serata!
Ci prepariamo per l’escursione del giorno dopo. Partiremo presto con Boris Behncke, il vulcanologo tedesco che studia l’Etna da oltre dieci anni. Ci viene a prendere alle 8 del mattino. “L’Etna non è come gli altri vulcani, Vesuvio, Stromboli, Vulcano… non hanno niente a che fare con l’Etna. Anche il Vesuvio, bellissimo, che con il suo grido muto annuncia ‘Io sono il vulcano!”… nemmeno lui si può confrontare con l’Etna. L’Etna è speciale: è un sistema talmente grande, variegato, complesso, che mi ci sono voluti dieci anni per cominciare a farmi una mappa nella testa, per cominciare a capirlo… Solo la gente del posto, nata e vissuta qui da generazioni, ne conosce tutti i segreti, ma rimangono segreti, appunto.” racconta Boris.
Saliamo sui mezzi a quattro ruote motrici forniti dal Parco Naturale dell’Etna. Attraverso un paesaggio verdissimo che cambia continuamente, dai frutteti di ciliege, nocciole, uva, agrumi, ecc. coltivati sulle prime colline, alle betulle che sono migrate fin quassù quando il clima più a valle si è fatto troppo caldo, e infine la pineta. La strada attraversa più volte varie colate, frutto delle eruzioni di diverse annate: sono degli immensi fiumi di pietre, che vengono a valle travolgendo ogni cosa che incontrano con una forza lenta e inesorabile.
Si percepisce la potenza del fenomeno anche solo guardando ciò che ne rimane oggi. È difficile immaginare come debba essere quando succede veramente: la forza, il
calore, il rumore, l’ineluttabilità. Eppure molta gente vive sulle pendici del vulcano, che in effetti sono bellissime e fertili e ricche di acqua.
A quota 2000 metri circa, a Piano Provenzana, dove c’è anche una stazione sciistica, il paesaggio cambia ancora. Si apre sulla maestosità della montagna che domina tutto. Dal
cratere di sud-est esce il fumo che si disperde nell’aria limpidissima. Il marrone scurissimo della lava, il verde intenso delle zone dove la vegetazione è ricresciuta, il giallo dei
fiori di questa tarda primavera, l’azzurro del cielo proprio come in montagna, i rami bianchissimi degli alberi bruciati dalla lava che si protendono verso il cielo… una collezione di
colori stupenda. E se giri lo sguardo, puoi arrivare fino al blu del mare, e, oltre, alle coste della Calabria… e ancora i monti Nebrodi e Peloritani della Sicilia centrale. La Sicilia è stupenda!
Piano Provenzana è stato completamente distrutto nell’eruzione del 2002, che ha spazzato via impianti e alberghi lasciando dei miseri resti, che con calma, con la calma tipica di questi posti, vengono ora ricostruiti. Qua e là, nel flusso di lava, si ergono, sopravvissuti, alcuni alberi. Non si capisce come siano potuti rimanere in piedi.
Eppure, malgrado i milioni e milioni di metri cubi di lava che l’Etna ha eruttato, questo vulcano è stato abbastanza clemente con le persone. “Dai documenti storici risulta che non ci sono state più di settantasette vittime in tutta la storia dell’Etna. A queste si devono poi aggiungere le vittime durante l’epoca araba. Gli arabi erano molto precisi nel documentare gli eventi naturali, purtroppo nella riconquista della Sicilia da parte degli occidentali, tutte le biblioteche sono state distrutte e con esse anche la documentazione che conservavano a proposito dell’Etna… ma possiamo fare una stima. Così nello stesso periodo che il Vesuvio ha ucciso tra le 5000 e le 10.000 persone, l’Etna non ha fatto più di qualche centinaio di vittime. E queste non sono state sorprese da un’eruzione immediata dalla quale non hanno avuto il tempo di scappare…, perché l’Etna è lento.”
Ora ci incamminiamo a piedi su per il sentiero di lava che scricchiola sotto i piedi. Amrit prende due pezzi e li strofina l’uno contro l’altro. “Perché fanno questo rumore?” chiede a Boris. “Perché sono porosi, sono abbastanza vuoti dentro… e duri come il vetro. Pensa che questo è il rumore che fa la lava quando scende, ma milioni di volte più intenso. È come se ci fossero tante schegge di vetro che scendono a valle…. Tin tin tin …come delle palline di natale che sbattono l’una contro l’altra.”
Soffia un vento fortissimo, e Kai allarga le braccia cercando di prendere il volo… E in effetti sarebbe una bella idea farsi una sorvolata del vulcano per ammirarne l’ampiezza…. Si estende per chilometri e chilometri, un immenso sistema che è oggi formato da più di 300 crateri. I locali dicono, appunto, mamma Etna e i suoi 300 bebè.
“Questo è il giardino dei crateri… guardate sono tantissimi. Anche in questo l’Etna è diverso dagli altri vulcani… non sai mai da dove può uscire la lava, ti può sorprendere sempre. Ci sono almeno quattro modi in cui può manifestarsi: le colate effusive come quella che è in corso adesso, le grandi fontane di lava alte anche 1000 o 2000 metri, l’esplosione di una porzione e che poi collassa, e infine più, raramente, un’eruzione pliniana simile a quella del Vesuvio del 79 d.C., ma questo speriamo che ce la risparmi…”
“E questa colata che abbiamo visto ieri dalla barca, quando è cominciata?” chiede Ciaran. “Il 5 maggio di quest’anno…” risponde Boris. “Ah, è il giorno del mio compleanno! Allora l’Etna è proprio il mio vulcano…” Ciaran è proprio contento, lui che non aveva voglia di venire… pensava che non fosse emozionante.
“Per fortuna questa ultima eruzione è cominciata in un giorno di tempesta… vento e pioggia e freddo. Così tutti gli abitanti dei villaggi vicini erano in casa, e quando hanno sentito il rumore delle prime pietre laviche che cadevano hanno pensato a una grandinata… e invece era il cratere sud-est che si era svegliato… Guardate qui: queste pietre così scure e tutte bucherellate… ecco, queste sono di questa eruzione e sono arrivate fin qui da quel cratere laggiù, che potete solo intravedere oltre la cortina di fumo…”
“E come si fa a sapere che sono proprio nuove?” chiede Maxine.
“A parte il colore e la composizione, c’è una cosa che si vede subito… guardate voi stessi… Ecco si trovano sopra la vegetazione che cresce, piatta, sulla vecchia lava: quindi devono essere nuove per forza, ci sono cadute sopra.”
Ora scendiamo e ci inoltriamo in un bellissimo bosco, fresco. Qui a fine estate crescono dei porcini buonissimi “I migliori del mondo” afferma Boris con un po’ di orgoglio, tutto sommato anche i funghi sono il prodotto del “suo” vulcano.
Dopo una mezz’oretta di cammino arriviamo di nuovo allo scoperto. Ecco un’altra colata, un altro fiume solido di lava che sembra ancora scorrere: qui infatti la lava non è così vetrosa e ruvida come sopra, ma è del tipo più morbido, cordata si chiama. Qui si aprono molti buchi, cunicoli, tunnel… Entriamo in uno dei più grandi. Scavato dalla lava sotto una crosta di lava, si vede ancora il livello del fiume incandescente che doveva scorrere a suo tempo. La crosta, che lo ricopriva, lo proteggeva e lo manteneva caldo, così ha potuto scavarsi molte gallerie che si ramificano come arterie all’interno del corpo umano. I tunnel di lava sono estremamente pericolosi, perché la lava si propaga nascosta dalla copertura della crosta di lava e arriva in zone imprevedibili. Ora con le telecamere a infrarossi è possibile identificare dove sono i tunnel e, in alcuni casi, intervenire interrompendo il flusso proprio all’origine.
Siamo quasi alla fine della spedizione, che ci ha portato a visitare una parte piccolissima di questo enorme sistema… ma ci vorrebbero giorni e giorni per avere anche solo una minima idea della sua complessità… e anni e anni per cominciare a comprenderlo.
Tornando a valle ci fermiamo al Castagno dei Cento Cavalli. Un castagno gigantesco, probabilmente vecchio qualche migliaio di anni. Si chiama così perché una regina d’Angiò o d’Aragona, sorpresa da un temporale, si riparò sotto le sue fronde con tutto il suo seguito. L’albero affonda le sue possenti radici nella fertile terra vulcanica e succhia la buona acqua che percola attraverso la porosa roccia lavica per fermarsi sullo strato di argilla che si trova a 700-800 metri di altitudine. Lungo le pendici della montagna, a quest’altezza, ci sono infatti moltissime sorgenti di acqua pura e fresca: proviene dallo scioglimento delle nevi che ricoprono le zone più alte dell’Etna durante l’inverno. Qui il problema dell’acqua non ce l’hanno.
La sera, a Riposto, dove è attraccata Adriatica, c’è la festa di Santa Maria del Carmelo: processione, botti e fuochi artificiali… proprio sopra la
nostra testa, dirimpetto alla colata che con la sua striscia rossa taglia la montagna, scendendo verso valle.
Simona Cerrato