Sabato 12 luglio
Ancora Stromboli.
Questa mattina, nuotata intorno allo Strombolicchio, un bellissimo scoglio davanti a Stromboli, con acque pulite e limpide abitate da tanti pesci, anche uno bellissimo rosso che ha avvistato Amrit e che nemmeno il biologo di bordo ha saputo identificare. Forse una specie tropicale arrivata qui in seguito al riscaldamento delle acque. Lo Strombolicchio è la parte più antica di Stromboli, più vecchia di 230.000 anni, ed è “il padre dello Stromboli, come dice Alberto, anche se è più piccolo è lui il padre.
In realtà dovrebbe chiamarsi lui Stromboli, e lo Stromboli dovrebbe chiamarsi Strombolicchio”.
Poi un bel riposo, perché questa sera ci aspetta una vera avventura: la salita al cratere, più di 900 metri di dislivello, che non sono proprio niente.
Partiamo alle cinque del pomeriggio… il sole è ancora caldo, ma il cielo è bellissimo… per fortuna c’è anche un po’ di ventilazione. Ci accompagna Angelo, una guida del CAI: infatti da alcuni anni nessuno è più autorizzato a salire al cratere senza essere accompagnato da esperti, nemmeno gli scienziati dell’INGV. A tutti viene dato un bellissimo caschetto turchese che ci servirà per proteggerci una volta arrivati sul Pizzo, alla sommità di Stromboli.
Ci incamminiamo in fila indiana, i bambini davanti. “Il primo pezzo è facile”, dice Ciaran. “E poi?” gli chiedono. “E poi non so più!”. Infatti la salita è talmente faticosa che a un certo punto si perde la cognizione di quello che si sta facendo. I bambini però camminano decisi fino in punta. Anche se la fatica la sentono anche loro. “Ma no, non è fatica… sullo Stromboli non si è mai stanchi… qui si soffre… perché quando sono stanco mi fermo per cinque minuti, prendo un bel respiro e poi ricomincio e ce la faccio, racconta Alberto, qui no. Qui appena ricomincio, dopo trenta secondi, ho di nuovo male! Qui sullo Stromboli non si è mai stanchi ma si soffre!”
“Voglio dell’acqua SU DI ME!” questo è il desiderio di Maxine… ma di acqua ce n’è solo per bere. E così continuiamo…
Dopo più di tre ore (neanche tante se si pensa al dislivello… ma “sentiero che pende, sentiero che rende”!) e alcune soste per bere, arriviamo finalmente sul ciglio. È il tramonto, il Sole sta per fare il suo bagno serale e la Luna splende a est. L’aria è più fresca, ma non serve coprirsi, come tante volte capita qui in cima. Siamo a quota 850, e da qui si vede già il cratere, che in questo momento è tranquillo: una voragine con i contorni frastagliati, i bordi neri e giallastri, che sprofonda… si vede benissimo come sprofonda!, nei meandri della Terra… Impressionante. Saliamo ancora settanta metri, e siamo sul Pizzo, insieme a tante altre persone venute qui per lo spettacolo che Stromboli, Iddu per i locali, offre tutti i giorni dell'anno. Questo è l’unico vulcano in Europa e uno dei pochissimi al mondo del quale si può ammirare il cratere comodamente seduti su un crinale più alto del cratere. E in tutta sicurezza. Naturalmente ci siamo messi i caschetti… non si sa mai. Ma le eruzioni della normale attività stromboliana non arrivano fin qui. All’interno di una vasta zona, chiamata terrazza craterica, ci sono molti piccoli crateri, se ne contano almeno 6, da cui esce una grande quantità di gas: “Infatti questa è la principale attività di Stromboli: il degassamento”, ci spiega Patrizia che insieme a Gianni ci ha accompagnati fin su. Poi cominciano le esplosioni, prima una piccolina dal cratere principale… poi una specie di fuochi d’artificio da una fenditura laterale che durerà almeno due o tre minuti: “Questo sembra proprio un giocoliere, dice Patrizia, guardate come lancia in aria le sue palle di fuoco!” È ora il turno di un altro cratere che si fa sentire alcune volte di seguito… è spaventoso. E la paura è un sentimento che ci accomuna tutti, tranne Ciaran, che è affascinato ma non ha paura. Lui vorrebbe vivere su Stromboli “Così avrei un magnifico spettacolo tutti i giorni… invece dove sto io ci sono solo delle montagne noiosissime che non fanno niente…”. Anche Patrizia non sembra aver paura, ma forse lei c’è abituata! La terra è calda, ci sono fumarole un po’ dappertutto, e da sotto si sente il rumore e il rimbombo delle esplosioni. A ogni esplosione Iddu lancia in aria il suo carico di magma incandescente con un boato fragoroso, che arriva alla pancia. Poi le bombe ricadono sul terreno circostante, nero: il rosso della brace riluce in modo strano. Poi il cratere ritorna alla sua provvisoria calma: lo sguardo può introfularsi al suo interno, e questo fa ancora più impressione: ci si rende conto che si sta veramente guardando DENTRO la Terra. Dopo un po’ di nuovo una grande esplosione… questa sera è in gran forma. “Lo fa per noi, dice Amrit, lui è contento che ci siano i Mini Vulcanologi!”
All’ora di lasciare il Pizzo, l’immancabile applauso… e l’immancabile bis: un’eruzione sincronizzata di tutti i crateri! Sensazionale. Ci incamminiamo
verso valle prendendo un altro sentiero, tutti con le loro torce per illuminare dove si mettono i piedi. Il sentiero è stato scavato nella cenere del vulcano, che passando si solleva provocando
una terribile nebbia irrespirabile. Per fortuna abbiamo le mascherine che ci hanno dato in dotazione… ma anche così si fa molta fatica. Dopo poco abbiamo le scarpe piene di cenere,
diventano pesanti e i piedi non riescono più a controllare il passo.La discesa è molto lunga e faticosa… siamo tutti stanchi, ma non c’è altro da fare che mettere
un piede dopo l’altro e … arrivare in paese. Una bella bevuta, qualcuno una granita, e poi in barca. Un doccia per toglierci di dosso la cenere che ci ricopre completamente appiccicata
al sudore, e poi si dorme.
Simona Cerrato