Venerdì 11 luglio
Stromboli, controlli e campionamenti.
Questa è una giornata molto scientifica, perlomeno la mattina.
Sbarchiamo verso le 10:30 sul molo di Stromboli, dall’altra parte rispetto a Ginostra. I due paesi non sono collegati da strade, quindi per andare da un posto all’altro non c’è che la barca. In paese invece si usano delle macchinette elettriche, che sfrecciano molto più veloci di quanto permesso. E i piedi. In meno di mezz’ora si può raggiungere la spiaggia più lontana, quella di San Bartolo sul bordo di una colata che risale a 2000 anni fa, più o meno quando hanno costruito il Colosseo.
Andiamo subito alla sede delle Protezione civile. Qui ci accolgono i tecnici in maglietta blu con il simbolo dai tre colori intrecciati. Lavorano insieme agli scienziati dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia (INGV) per predisporre una rete di monitoraggio costante e sempre pronta ad avvertire i segnali del vulcano e a intervenire per proteggere la popolazione. Come nel 2003, quando è avvenuta una delle ultime vere eruzioni dello Stromboli, con una colata di lava e una grossa esplosione che ha lanciato blocchi di pietra fino alle case di Ginostra. “Non è morto nessuno…” spiega il tecnico. “Feriti?” chiede Amrit. “Nessun ferito…” assicura il tecnico. “E spaventati?” insiste Amrit. “Beh, di spaventati tanti, forse tutti…” conclude. Patrizia ora ci fa notare i monitor che producono in tempo reale dei segnali a zig-zag, tanto più intensi quanto più intense sono le periodiche eruzioni dello Stromboli.
“Ogni monitor è naturalmente collegato a un computer, e ogni computer è collegato a uno degli strumenti dislocati sui fianchi del vulcano: STR1, STR8, STR5… sono le sigle che identificano lo strumento. Ecco, questo corrisponde a quello che abbiamo visto ieri vicino all’impianto fotovoltaico dell’ENEL.”
“I picchi del segnale sono le eruzioni… poi vedete una linea più o meno continua dove non succede niente. Ogni tanto ci sono delle specie di salsicciotti… ecco, vedete qui — Patrizia indica dei punti dove il segnale si appiattisce e si allunga — questo corrisponde alle valanghe che precipitano dalla Sciara del Fuoco, quelle che abbiamo visto ieri.”
“Così, in caso di emergenza, la Protezione civile avverte la popolazione secondo un piano già preparato e tutti vengono portati in salvo. C’è una flotta di gommoni su Lipari pronta a partire per prelevare la gente di qui in caso lo Stromboli decida di uscire dalla sua fase ‘educata’.”
“Ci sono diversi strumenti che misurano diverse cose: la sismica, per esempio, misura i piccoli tremori provocati dal magma interno… come dei piccoli terremoti che comunicano che cosa sta capitando dentro.”
“Perché si misurano solo i piccoli terremoti e non quelli grandi?” chiede Maxine.
“I grandi terremoti non c’entrano con il vulcano… sono causati da spostamenti di grandi pezzi di crosta terrestre che vanno a scontrarsi o si allontano gli uni dagli altri.
Qui si tratta di registrare i tremori della montagna per vedere se sta capitando qualcosa al suo interno.”
Poi si misurano i gas emessi, e questo si chiama geochimica… e naturalmente le deformazioni.
Vivianne, una dei tecnici della Protezione civile, ci mostra al computer che cosa ha provocato l’eruzione del 2003. “Ecco vedete questa foto: il vulcano era così prima dell’eruzione… e ora ecco com’è adesso!” Le facce dei bambini sono molto eloquenti: occhi sgranati e stupefatti quando si rendono conto dell’enorme porzione di montagna che si è staccata dal fianco di Stromboli: nove milioni di metri cubi di roccia caduti in mare che hanno modificato drasticamente il profilo del vulcano e hanno provocato uno tsunami che è arrivato non solo sulle sponde di Stromboli ma fino sulle coste delle altre isole Eolie, della Sicilia e della Calabria.
Prima di andare alla sede del Centro informativo sul vulcano messa a disposizine di tutti dall’INGV, una pausa al bar del centro di Stromboli: arancini e granite per riprenderci dal caldo.
Al Centro informativo, dove c’è l’aria condizionata, si vede che amano il vulcano e il loro lavoro: ci raccontano dell’esperienza dell’eruzione del 2003 che hanno vissuto in prima persona. “È stato bellissimo, veramente! Per un vulcanologo assistere a una cosa del genere è molto emozionante. L’unico pensiero era per i nostri colleghi che erano già partiti per il loro solito giro di ricognizione con l’elicottero… per fortuna il pilota non si è fatto prendere dal panico e con una manovra abilissima è riuscito a evitare il peggio. È stato veramente bellissimo!”
In mostra c’è anche il casco dello scafandro, una specie di tuta da astronauti resistente al calore, inventato per potersi avvicinare a un vulcano in eruzione. È un oggetto pesantissimo, ora sono molto più leggeri, ma tutti lo vogliono provare… e farsi fotografare con il casco in testa. Aspettiamo che il caldo molli un po’ per andare alla spiaggia, quella di San Bartolo. Certo un bagno non può mancare, ma poi Patrizia tira fuori dallo zaino un verissimo martello da geologo e spiega come si prelevano i campioni di roccia.
“Se io voglio studiare questa roccia — dice indicando uno spuntone arrotondato — posso prendere un ciottolo dalla spiaggia? Secondo voi va bene?”
“No — dicono tutti d’accordo, ognuno nella lingua che gli è più congeniale — non potresti essere sicuro che sia proprio di quella roccia…”
“Giusto — conferma Patrizia — ecco perché ci vuole il martello… però bisogna fare attenzione alle schegge, quindi bisogna prendere delle precauzioni. Occhiali,
pantaloni lunghi, scarpe chiuse… ora noi prenderemo i campioni lo stesso, anche se abbiamo solo il costume da bagno… ma gli occhiali sono indispensabili!”
E così a turno tutti prendono il martello da geologo, si scelgono la loro roccia preferita e ne staccano uno o più pezzi. Saranno un bel ricordo… ma non solo. Questi adesso vengono analizzati cercando di identificarne le caratteristiche: colore, peso, grana, consistenza, presenza o meno di cristalli… I mini vulcanologi hanno a disposizione un sacchetto con un laccetto per conservare il loro campione, una scheda per scrivere le caratteristiche e fare un disegno di ciò che hanno trovato…
A occhio cercano poi di identificare se ci sono o meno dei cristalli: è difficile… “Proviamo a sbriciolare un po’ la roccia — propone Patrizia — ecco vedete questi granelli, al sole luccicano: vuol dire che la roccia è fatta di piccoli cristalli.”
I mini vulcanologi faranno la stessa cosa con le altre rocce già prelevate sul Vesuvio, alla Solfatara e alla Sciara del Fuoco, dall’altra parte di Stromboli e poi sugli altri vulcani che ancora ci aspettano nel viaggio.
A cena in barca, la conversazione si svolge, come al solito in mille lingue diverse.
Kai e Maxine parlano olandese fra di loro e con loro padre, Ciaran e la sua famiglia parlano inglese, Kai, Alberto, Ciaran e Maxine parlano in francese fra di loro, Kai e Amrit parlano
in tedesco, mentre Amrit e Alberto parlano in italiano tra di loro e con i loro genitori… E tutti imparano un po’ di tutte le lingue… E non manca naturalmente qualche battuta in
napoletano (il siciliano non l’abbiamo ancora imparato).
Simona Cerrato