Giovedì 10 luglio
Stromboli, il vulcano educato.
Navighiamo tutta la notte, la mattina e il primo pomeriggio. Non c’è vento e così si deve andare a motore.
Quando arriviamo di fronte a Stromboli non sappiamo rinunciare a un bagno, tuffandoci dall’Adriatica.
L’acqua, a pochi metri dalla riva, è già profonda 150 metri e di un colore blu intenso. Una manovra che ci fa “perdere” un’altra ora… e intanto i signori dell’ENEL e Patrizia Landi, la geologa esperta di Stromboli che ci farà da guida insieme a Giovanni che abbiamo già conosciuto a Napoli e Ercolano, ci stanno aspettando al ristorante… dove saranno finiti? si staranno chiedendo… Ma alla fine sbarchiamo e ci inerpichiamo sulle strette vie di Ginostra, un villaggio piccolissimo, dove d’inverno non vivono più di dieci-venti persone e dove gli unici mezzi di trasporto sono i muli: ce ne sono tre, e tutti conoscono il loro nome.
Siamo sul vulcano più bello del mondo, e anche il più educato, come diceva Dumas: erutta sempre, ogni circa venti minuti, ma senza fare troppi danni. Anche se poi scopriremo che non si comporta sempre in modo educato! Ma non anticipiamo…
Dopo uno spuntino all’ombra del Puntazzo, Filippo Lo Nigro e il suo collega dell'Enel ci raccontano come hanno fatto a portare l’energia elettrica a Ginostra: è capitato solo nel 2004… “Tutti voi eravate già nati” dice Filippo ai bambini “E qui non c’era ancora la luce elettrica! È stato l’ultimo posto in Europa ad avere la corrente, e qualcuno non la voleva proprio, diceva che stava meglio senza…”
“E chi è stato il primo ad avere la luce elettrica?” chiede Maxine… Nessuno sa rispondere, ma verificheremo appena possibile.
La corrente è arrivata qui grazie al fotovoltaico: un impianto che usa la luce del sole, che qui non manca!, e la trasforma in corrente elettrica. Questa viente poi portata nelle case per illuminare e per far funzionare le varie cose. L’impianto è fatto di tanti pannelli esposti al sole, come una specie di coltivazione ordinata ed efficiente.
Ma che cosa c’entra il fotovoltaico con i vulcani?
Beh, siamo nell’Anno del pianeta Terra, le cui due priorità sono proprio quelle di conoscere meglio il pianeta — e che cosa è meglio di dare uno sguardo ai vulcani che sono
la bocca che ci porta all’interno della Terra — e imparare a rispettare le sue risorse e il suo equilibrio: la produzione di energia è una delle emergenze assolute dell’umanità e
bisogna imparare a produrre energia cercando di inquinare il meno possibile.
“Sapete che tecnologia è stata utilizzata per pulire i pannelli?”, chiede Filippo Lo Nigro… Nessuno lo immagina. “Le scope! Che ci sono state fornite dalla Protezione civile… ma le braccia le abbiamo messe noi! E siamo riusciti a ripristinare la luce in quattro ore.”
“Vedete, quindi, che i vulcani c’entrano con l’energia!”
Detto questo ci incamminiamo per il sentiero che porta a Punta dei Corvi passando per l’impianto fotovoltaico. File e file di pannelli, collegati a 250 grandi batterie che
immagazzinano l’energia e la distribuiscono al paese. Accanto all’impianto, si trova uno degli strumenti scientifici che rilevano l’umore del vulcano: qui si misurano le deformazioni
della montagna che possono essere un sintomo che qualcosa sta capitando al suo interno. “Se il magma sale molto il vulcano si riempie e si dilata: questa dilatazione viene misurata da questo
strumento sistemato a cento metri sotto terra. I suoi segnali vengono poi spediti al centro di monitoraggio che visiteremo domani, presidiato notte e giorno dai tecnici della Protezione civile.” Ci
spiega Patrizia Landi, utilizzando il suo cappellino a strisce come una specie di vulcano per mostrarne la dilatazione.
Kai trova delle rocce (vulcaniche naturalmente) e prova a simulare una pioggia di bombe laviche su un mucchio di cenere vulcanica lasciata lì. Una grande polvere che piace molto a tutti i suoi amici mini vulcanologi che si mettono immediatamente a imitarlo.
Proseguiamo verso Punta dei Corvi. Arriviamo al bordo della Sciara del Fuoco. È in questo vallone scosceso e inaccessibile che si scaricano le eruzioni dello Stromboli: le rocce incandescenti arrivano fino al mare.
Al margine opposto si trova una colata molto più scura del resto. “Perché, secondo voi, è quasi nera quella lava laggiù?”
“Secondo me, dice Amrit, perché è più nuova”.
“Giusto, proprio così. Questa è la colata del 2007, l’ultima eruzione più “seria” dello Stromboli. La lava quando esce si raffredda subito e diventa come vetrosa e bella nera. Poi si consuma e diventa più opaca e grigiastra. Ecco perché c’è questa differenza di colore.” spiega Patrizia.
Da qui si vede il pennacchio di fumo che esce dal cratere, 800 metri più in alto. “Di giorno si vede solo il fumo, perché l’incandescenza si confonde con la luce del sole. Ma di notte lo spettacolo è veramente imperdibile, dice Patrizia, “E io per voi ho preparato qualcosa di speciale per questa notte!”
Ce ne stiamo ancora un po’ lì ad aspettare che lo Stromboli faccia i suoi piccoli sfoghi. “È come uno di noi, dice Kai, che ci arrabbiamo, ci arrabbiamo e alla fine scoppiamo!”
Accompagnati dalla luce del tramonto, torniamo sui nostri passi. È quasi buio quando ci mettiamo in navigazione. E cominciamo a puntare gli occhi verso il cratere in attesa delle eruzioni.
E dopo poco, ecco la prima piccola eruzioncina. Uno sbuffo accompagnato da un po’ di lapillli. Man mano che si prosegue e passiamo proprio sotto la Sciara del Fuoco, ecco che lo spettacolo comincia. Un’eruzione dopo l’altra, veramente emozionante.
Alla fine i bambini decidono che il vulcano si merita un bell’applauso!
E come un grande artista che ringrazia il suo pubblico, il vulcano ci regala un’altra grande e bellissima eruzione. Come promesso da Patrizia.
Simona Cerrato