L'aumento di temperatura sull'Oceano Pacifico potrebbe cambiare il regime dei venti e le precipitazioni locali.
Il riscaldamento climatico sta rallentando la velocità di circolazione dei venti sul Pacifico. Un evento che potrebbe rendere ancora più estremi gli effetti dell'anomalia climatica nota come El Niño. In un articolo pubblicato sulla rivista "Nature" (vol. 441 n. 7089), i ricercatori della National Oceanic and Atmospheric Administration di Princeton nel New Jersey coordinati da Gabriel Vecchi spiegano che la circolazione dei venti si è ridotta del 3% dalla metà del secolo scorso. I ricercatori hanno preso in esame in particolare la cosiddetta Walker circulation, un sistema cruciale per le piogge monsoniche nell'Asia sudorientale e per le attività di pesca al largo delle coste del Pacifico del Sud America.
Secondo lo studio, la causa di questo calo è da ricercarsi nelle emissioni in costante ascesa dei gas serra. E dal momento che queste emissioni sono in ulteriore aumento, la previsione è che la riduzione dell'intensità dei venti possa essere dell'ordine del 10%. Il fenomeno è preoccupante perché le variazioni nella Walker circulation sono quelle che poi hanno effetto su El Niño, che a sua volta determina siccità in Asia sudorientale e scarsa pesca al largo del Cile.
L'impatto del riscaldamento globale sui venti dipende dal fatto che con temperature più alte aumenta il tasso di evaporazione dall'Oceano che a sua volta causa un aumento nel tasso di precipitazioni. Normalmente, la Walker circulation spinge il vapore che si alza dall'Oceano Pacifico orientale verso ovest, dove causa le precipitazioni sull'Asia sudorientale. L'aria secca a quote più elevate ritorna verso est, si raffredda e scende. Se la temperatura del mare sale, l'incremento delle piogge, che è causato da una maggiore evaporazione, non riesce in realtà a equilibrare l'aumento dell'evaporazione. Questo significa che si verifica una sorta di "ingorgo" di aria umida che indebolisce la velocità dei venti.
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